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Black Lives Matter: l’avvento di un cambiamento epocale?

DI ALICE CARNEVALI

22/06/2020

Dopo l’omicidio di George Floyd gli Stati Uniti ed il mondo intero sono scesi in strada per manifestare contro la violenza razzista della polizia statunitense. Ripercorriamo cos’è accaduto e quali sono le prospettive per il movimento Black Lives Matter.

Secondo i dati economici raccolti nel primo trimestre del 2020, negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione fra gli afroamericani è il doppio di quello della popolazione bianca. Lo US Census Bureau riporta che nel 2018 il 9,7% degli abitanti afroamericani non possedeva un’assicurazione sanitaria, mentre i cittadini bianchi a non avere una copertura medica erano il 5,4%.  Dalle statistiche dell’APM Research Lab. in Missouri, Wisconsin e Washington DC i neri hanno sette volte più probabilità di morire di Covid-19 rispetto ai bianchi.

Nel XXI secolo è difficile spiegare questi numeri come semplici coincidenze che caratterizzano la sedicente Land of Freedom. Si tratta di terribili e vergognose ingiustizie sviluppatesi da un radicato razzismo, situazioni che vengono denunciate da anni, ma che troppo spesso passano ignorate. Eppure dall’omicidio di George Floyd il 25 maggio 2020 a Minneapolis qualcosa è cambiato. Il movimento Black Lives Matter ha invaso le strade statunitensi e mondiali, protestando per ottenere un mondo più equo, meno violento, più giusto.

Ma cos’è successo esattamente? E quali sono le prospettive per questo movimento sociale?

L’omicidio di George Floyd: un avvenimento vergognosamente ordinario

Lo scorso 25 maggio è caduta la classica goccia che fa traboccare il vaso. Questa volta si è trattato di un ingiustizia manifesta: un agente della polizia di Minneapolis ha ucciso George Floyd, 46enne nero accusato di aver utilizzato una falsa banconota da 20 dollari in un negozio.

Gli agenti sono stati chiamati dal commerciante ed una volta giunti sul posto, hanno ammanettato Floyd perché rifiutava di scendere dall’auto in cui si trovava. Il sospettato disarmato è stato immobilizzato a pancia a terra con la faccia rivolta verso destra, mentre il poliziotto Derek Chauvin premeva sul collo dell’uomo con il proprio ginocchio impedendogli di respirare. Floyd ripeteva “I can’t breathe” “please, please, please”, ma questo non ha fermato Chauvin dall’attuare la manovra ed i suoi colleghi dal rimanere a guardare.  Dopo 8 minuti e 46 secondi di agonia George Floyd è morto soffocato. La scena filmata dai passanti e le prove, però, non sono state sufficienti per condannare l’accaduto: secondo l’autopsia ufficiale (poi smentita) che il decesso è stato dovuto ad ipertensione e coronaropatia di cui la vittima soffriva. È stato l’inizio delle rivolte.

Il video e la notizia hanno presto fatto il giro del mondo destando  la rabbia e l’orrore di molti. Negli Stati Uniti, dove la pandemia ha colpito gravemente numerose famiglie afroamericane, dove il Presidente inneggia all’odio razziale, dove la polizia estremamente militarizzata utilizza troppo spesso una violenza sproporzionata, la morte di George Floyd è una scintilla. Non si tratta di un avvenimento straordinario, ma di un fatto vergognosamente ordinario che ha spinto numerose persone a scendere in strada a pugni alzati con il movimento Black Lives Matter. Gli obiettivi: giustizia per Floyd e le altre vittime afroamericane le cui vite sono state spezzate da una polizia violenta e razzista.

Da Minneapolis alle coste americane le manifestazioni si sono diffuse velocemente, coinvolgendo neri e bianchi, consapevoli che la giustizia e l’uguaglianza sociale devono diventare diritti per i quali non è necessario lottare. In alcune città la tensione ha raggiunto livelli inaspettati costringendo le autorità a decretare il coprifuoco, ma a distanza di un mese è chiaro che le proteste sono lontane dalla fine, anzi il movimento sta acquisendo sempre più sostenitori da tutto il pianeta..

Eppure, la risposta della Casa Bianca sembra non essere altrettanto convinta. Dopo aver twittato il proprio dispiacere per l’accaduto, il Presidente Trump si è rivolto ai governatori statunitensi invitandoli a gestire le manifestazioni col pugno di ferro per ristabilire “law and order” placando quelli da lui definiti teppisti. La politica risulta nuovamente non essere all’altezza del problema razziale che da tempi immemori piega la società americana.

Black Lives Matter: nascita e prospettive di un movimento sociale

Il movimento Black Lives Matter nacque nel 2013 da un progetto di Alicia Garza, Patrisse Cullors, e Opal Tometi, tre donne afroamericane volenterose di intervenire contro la violenza esercitata sulle comunità nere dalle autorità pubbliche. L’hashtag e le proteste gestite dal gruppo iniziarono in seguito all’assoluzione di George Zimmerman, vigilante volontario a Sanford, in Florida che nel 2012 sparò a Trayvon Martin, 17enne nero disarmato e senza precedenti che stava tranquillamente girando per il quartiere. Da quella sentenza il movimento si organizzò gradualmente scendendo per le strade di Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada per manifestare contro gli atti violenti mossi da un forte razzismo.

Dopo l’omicidio di George Floyd i Black Lives Matter sono tornati per le piazze, ma questa volta i numeri e l’estensione geografica della protesta sono senza precedenti. Supporto mediatico arrivato da ogni dove e presidi organizzati anche in piccoli comuni d’oltreoceano danno alla battaglia per la protezione dei diritti dei neri una dimensione non solo confinata agli Stati Uniti, ma globale. Il razzismo, infatti, non si manifesta solo nell’omicidio di Floyd a Minneapolis, ma anche nelle discriminazioni quotidiane riscontrabili ovunque in forma più o meno mascherata. La crescita del numero di partecipanti bianchi alle proteste rappresenta una maggiore consapevolezza dell’ingiustizia sociale che vede loro (noi) privilegiati, ma l’empatia e la solidarietà da loro (noi) dimostrata in questi giorni non otterrà grandi risultati se non adeguatamente accompagnata da coerenza nelle azioni giornaliere. Per evitare che Black Lives Matter diventi uno slogan vuoto, il cambiamento deve avvenire con l’impegno di tanti e non può limitarsi alle condivisioni sui social networks, ma deve invadere le strade, la politica e la coscienza sociale.

Ma quest’obiettivo è veramente perseguibile negli Stati Uniti, Paese in cui la militarizzazione della polizia ha raggiunto livelli impressionanti e le violenze nei confronti della comunità nera sono all’ordine del giorno?

Polizia statunitense: razzista ed eccessivamente militarizzata?

Nella visione weberiana, la polizia è l’istituzione a cui lo Stato delega l’utilizzo della violenza legittima per mantenere l’ordine nella società evitando derive anarchiche. Ciononostante, la forza utilizzata dagli agenti è sempre più oggetto di discussioni che ne mettono in dubbio la liceità e la proporzionalità. Tra gli atti ultimamente condannati ritroviamo l’omicidio di George Floyd, il quale ha acceso i riflettori sul razzismo strutturale e la militarizzazione che caratterizzano la polizia statunitense.

Nel XIX secolo, quando il razzismo era un atteggiamento considerato semplicemente normale, i vigilanti statunitensi adottavano comportamenti differenziati a seconda delle etnie utilizzando una spiccata violenza nei confronti degli afroamericani. Le pratiche sono lievemente cambiate con il passare del tempo, ma la stessa formazione poliziesca e le tecniche utilizzate portano ancora nel 2020 a violenza ingiustificata e sproporzionata. Non si tratta di retorica, ma di fatti supportati da storie e dati certi: il tasso di arresti degli afroamericani statunitensi è 2,5 volte più elevato di quello dei bianchi nonostante i primi costituiscano solamente il 13,5% della popolazione.

Oltre al razzismo, l'altro elemento che contraddistingue il sistema poliziesco statunitense è la sua militarizzazione, ovvero il processo per cui le forze di polizia civile adottano equipaggiamenti, tattiche e culture militari. Nonostante l’obiettivo di questo procedimento sia far rispettare l’ordine e la sicurezza negli stati federati, la maggioranza degli abitanti statunitensi si dice preoccupata per l’eccessiva militarizzazione delle forze dell’ordine nelle quali ripone sempre minore fiducia. Inoltre, secondo uno studio condotto nel 2017 dall’ American Economic Association, non esisterebbe nessun collegamento diretto tra riduzione del crimine e militarizzazione della polizia americana.

Ad oggi la situazione è modificabile? A quanto pare sì. Come Zerocalcare ricorda nella sua ultima animazione, le proteste organizzate dal movimento Black Lives Matter sono riuscite ad innescare importanti cambiamenti in numerose città: a Minneapolis il Consiglio Cittadino ha promesso di smantellare il dipartimento di polizia locale rimpiazzandolo con un nuovo sistema di sicurezza pubblica; a New York sono stati tagliati i fondi alla polizia a favore dei servizi sociali e di aiuto ai giovani.

Reinvestire nelle comunità locali e smantellare la struttura razzista poliziesca sono risultati tutt’altro che ignorabili, i quali necessitano di un’attenzione sociale e di una prontezza politica all’altezza della situazione. Solo nei prossimi mesi potremo analizzare la portata del cambiamento in materia di disuguaglianze economiche e sociali a livello statunitense e globale, ma forse siamo sulla strada giusta.

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