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Un tackle a gamba tesa

DI FILIPPO AGOSTINELLI

26/03/2020

Il Coronavirus ha sconvolto interi campionati e calendari di partite.

Se pensate che sia solo un sport, però, non avete fatto i conti con la storia.

E con l'economia globale.

I calciatori contagiati dal Covid-19

Ad oggi 26 marzo, i calciatori risultati positivi al test sono ventisette, quindici dei quali di Serie A.

Nel bel mezzo dell’allarme Coronavirus, nel mondo del calcio nostrano si parlava di campionato falsato a causa di rinvii e modifiche apportate al calendario di alcune squadre piuttosto che di altre. Sembrerebbero le solite chiacchiere da Bar Sport della domenica, erano invece le giustificazioni impugnate da un gran numero di presidenti, allenatori e dirigenti delle varie società. I primi, che avrebbero dovuto preoccuparsi di salvaguardare i propri giocatori, stavano invece mettendo la salute in secondo piano rispetto ai diritti televisivi o ad una qualificazione in Champions League. Non bisogna  stupirsi se, nonostante rinvii e partite a porte chiuse,  l’11 marzo scorso anche il mondo del calcio ha registrato i primi contagi. Lo stesso giorno infatti Daniele Rugani (difensore della Juventus) e Timo Hubers (militante in serie b tedesca) sono risultati positivi al Covid-19. Nei giorni successivi il numero dei contagi è aumentato vorticosamente. Il virus è stato diagnosticato a ben sette giocatori della Sampdoria, tre della Fiorentina, altri due della Juventus, uno del Verona, uno del Milan. Ultimo in ordine di tempo, il portiere dell’ Atalanta Marco Sportiello (24 marzo).

Dopo la notizia della Positività di Rugani, la Lega Calcio decide di sospendere tutte le partite in calendario a data da destinarsi; decisione mutuata anche dagli altri campionati europei. Tuttavia le sere del 10 e dell’ 11 marzo erano in programma gli ottavi di finale del ritorno di Champions League, che la UEFA decide di fare comunque giocare.  Quattro le gare disputate: Liverpool - Atletico, Tottenham - Lipsia, Paris S. Germain - Borussia Dortmund e Valencia - Atalanta. Quest’ ultima partita (dove tra l’altro Sportiello scende in campo), e quella di Parigi vengono disputate a porte chiuse per prevenire contagi. Risultano però contraddittorie le decisioni dei prefetti delle città di Valencia e Parigi. Nonostante le gradinate dello stadio deserte, a migliaia di tifosi locali viene concesso di ammassarsi a ridosso dei cancelli dello stadio, mandando in frantumi ogni disposizione per limitare il contagio. Nelle altre due partite, disputate a Liverpool e a Londra, nessuna calca di tifosi fuori dallo stadio: erano tutti dentro, comodamente seduti ignorando ogni tipo di prevenzione

La sera del 12 marzo, nonostante altri calciatori risultati positivi, la UEFA decide di far giocare anche il turno di Europa League. Due delle partite, una ad Istanbul e una a Glasgow, vengono disputate a porte aperte, come se nulla fosse.

Finalmente il 13 marzo arriva la tanto attesa decisione: la UEFA sospende a data da destinarsi tutti gli incontri in programma. Questa forte resistenza mostrata dall’organo che, a tutti gli effetti, governa il calcio professionistico europeo, testimonia il giro di affari e l’importanza ricoperta oggi dal gioco del calcio.

Calcio e denaro, binomio indissolubile

Quanti di noi, dopo l’ acquisto di un calciatore da una squadra ad un’ altra per decine di milioni di euro, hanno storto il naso. Cifre astronomiche, per noi difficili solo da immaginare, vengono ripetute sulle pagine dei quotidiani sportivi. I soldi sembrano avere lo stesso valore delle fiches con cui si gioca a carte con gli amici.

Ma come mai girano così tanti soldi nel mondo del calcio? La risposta è semplice: perché in molti lo guardano.

Dati della SIAE aggiornati al 2017 attribuiscono al solo calcio italiano un volume d’affari di 2.39 miliardi di euro. Il dato impressiona, anche in rapporto al denaro che gravita attorno a tutti gli altri sport praticati in Italia. Considerando che per tutto lo sport italiano il giro di affari ammonta a circa 3 miliardi di euro, si può concludere che il calcio occupa più dei due terzi degli introiti totali.

La maggior parte del denaro si muove nel settore del calciomercato. Durante la finestra di mercato estiva della stagione 2018/19  le squadre dei top 20 campionati mondiali hanno speso 5.65 miliardi di euro, solo per acquistare giocatori.

A queste enormi somme di denaro vanno aggiunti i diritti televisivi, che emittenti come Sky, Mediaset o DAZN pagano alle società per trasmettere le partite. Numerose società, soprattutto in Inghilterra, possiedono inoltre uno stadio di proprietà. Le squadre possono dunque guadagnare cifre da capogiro solamente incassando i soldi del biglietto dagli spettatori, considerando che gli stadi più imponenti possono arrivare ad una capienza di 90.000 posti.

Con l’avvento dei social, le squadre sono diventate veri e propri brand, in grado di pubblicizzare i prodotti molto facilmente. Una semplice maglietta da gioco, se “benedetta” con il marchio di “prodotto ufficiale” arriva a costare anche 80€. Se la squadra è titolata si supera ampiamente il centinaio di euro. Su queste magliette compare poi il logo di un azienda, che fa da sponsor, venendo di fatto pubblicizzata dalla squadra durante le partite. Gli sponsor pagano fior di denaro per ottenere questa pubblicità, alimentando un circolo vizioso che sembra non avere fine.

Calcio e politica: un esempio di strumentalizzazione durante il fascismo

Il calcio è stato anche oggetto di attenzioni da parte del potere politico, che ben presto si era accorto dell’ enorme seguito e delle potenzialità di questo sport.  Queste potenzialità vennero colte e sfruttate alla perfezione da fascismo e nazismo in primis. Il Duce, in un primo momento, sembrava scettico all’ idea di promuovere il gioco del calcio. Dopotutto era una disciplina nata e sviluppatasi principalmente in Inghilterra, che solo negli ultimi anni del diciannovesimo secolo aveva attecchito nel Bel Paese. Il successo fu però da subito indubbio. A cavallo tra l’ottocento e il novecento nacquero le maggiori squadre che tutt’oggi si contendono lo scudetto: Juventus, Milan, Inter (originariamente chiamata Ambrosiana), Lazio e Roma. Nel 1915 inoltre uscì il primo numero di Hurrà, una rivista interamente dedicata al calcio e in particolare alla Juventus. Mussolini nonostante questi progressi in nuce di questa nuova disciplina, continuò a dimostrarsi cieco alla possibilità di sfruttare quella che si rivelerà un’ enorme macchina propagandistica.

Il Duce era preoccupato dal fatto che il tifo per le diverse squadre avrebbe provocato forti campanilismi, che a lungo andare potevano gravare sulla coesione del popolo italiano. Inoltre la vis Italica che egli andava ricercando nella popolazione avrebbe potuto manifestarsi meglio in sport come il nuoto o l’atletica, non a caso i suoi favoriti.

Non la pensava allo stesso modo Leandro Arpinati, già deputato eletto nei Blocchi Nazionali nel 1921 e poi uno dei Gerarchi della dittatura fascista. Arpinati, diventato presidente della Federcalcio nel 1926, fece sì che il fascio littorio comparisse sulle maglie della nazionale. Nei primi anni trenta il saluto romano divenne obbligatorio negli stadi.

Quando però la Fifa decide di assegnare all’Italia il ruolo di nazione ospitante della coppa del mondo 1934, Mussolini si sveglia dal torpore e decide di prendere in mano le redini dell’ organizzazione dell’ evento. E’ infatti il Duce il vero regista dei mondiali del 1934, forse anche il dodicesimo uomo in campo per gli azzurri. Fu definito “scandaloso” l’arbitraggio dei quarti di finale contro la Spagna, che l’Italia riuscì a fatica a superare. Anche la semifinale contro l’Austria fu soggetta ad ingombranti pressioni da parte del regime. L’arbitro infatti adottò una posizione di laissez faire, per usare un eufemismo, lasciando correre su molti falli evidenti. L’Italia riuscì poi ad imporsi in finale contro la Cecoslovacchia per 2 a 1 in rimonta, grazie alle reti di Orsi e Schiavio.

Insomma, se siete preoccupati per le sorti dei calciatori contagiati, non siete soli: i tifosi attendono il ritorno delle squadre in campo con la stessa forza dei manager, degli sponsor e dei calciatori stessi.

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