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Crisi energetica, in bilico tra recessione e opportunità di ripresa

DI MARTINA ULISSI

20/10/2022

Da mesi ormai il tema del caro energia è protagonista indiscusso tanto dei media italiani quanto delle chiacchiere da bar di qualsiasi consumatore. Anche alle orecchie del più distratto cittadino sarà giunto un ammasso disordinato di notizie poco rassicuranti rispetto al tema, tra bollette in aumento, razionamenti energetici, price cap, filiere a rischio, transizione energetica difficile e così via. Ma cerchiamo di fare ordine e ricostruire passo dopo passo cosa sta succedendo nel settore dell’energia, quali sono le cause, le conseguenze, le soluzioni di breve e lungo periodo proposte e le opportunità da cogliere illustrate all’Italian Energy Summit de Il Sole 24 ore.

Cause e conseguenze della crisi energetica

Una crisi energetica si verifica quando la domanda di energia elettrica aumenta, a fronte di un’offerta che diminuisce (per cause naturali o artificiali). Ciò causa un innalzamento dei prezzi, che si ripercuote sulle tasche di tutti i consumatori. Questo è quel che sta accadendo dall’autunno dell’anno passato, e le cause sono molteplici: prima tra tutte l’uso politico del gas nel conflitto russo-ucraino. In risposta alle sanzioni economiche applicate dall’Unione Europea, Mosca ha ridotto l’erogazione di gas naturale russo, che costituiva il 40% delle forniture europee. Inoltre, i recenti danni subiti dalle esplosioni ai gasdotti Nord Stream il 26 settembre scorso, i quali fornivano ancora il 15% circa degli approvvigionamenti italiani, evidenziano l’uso delle risorse energetiche come arma all’interno della guerra tra Occidente e Russia.

Altra causa di questa crisi energetica va ricercata nell’impatto dei cambiamenti climatici, che frenerebbe l’adozione di fonti di energia rinnovabili come alternative alle fonti fossili. Basti prendere a riferimento l’estate italiana 2022, registrata come una delle stagioni più calde e secche di sempre, la cui crisi siccità rilevata a inizio luglio limitò gravemente la produzione delle centrali idroelettriche. Terna, l’operatore che si occupa della gestione delle reti per la trasmissione dell’energia elettrica, ha registro un calo della produzione di elettricità da impianti idroelettrici pari al 38,5%, a fronte di cui non c’è stata una crescita significativa di produzione di energia da altre fonti rinnovabili.


Winter is coming. Siamo pronti ad affrontarlo?

Uno degli scopi principali del Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale elaborato dal Ministero della Transizione Energetica è quello di “assicurare un elevato grado di riempimento degli stoccaggi per l’inverno 2022-23”.

Al 9 ottobre 2022 le riserve di gas in Italia si attestano sui 17 miliardi di metri cubi di gas, custoditi in 13 strutture di stoccaggio nel paese. Ma queste riserve finora accumulate non risultano sufficienti, coprendo solo il 30% dei consumi invernali previsti, stimati sui 45 miliardi di metri cubi di gas.

L’andamento di questo inverno in relazione alle provvigioni di gas dipenderà da diversi fattori esogeni: i flussi di importazione di gas russo ancora attivi, le previsioni climatiche di questa stagione invernale e la quantità di energia elettrica di origine nucleare importata dalla Francia, che però ne ha quasi dimezzato la produzione e 32 dei 56 reattori francesi devono subire interventi.


Qual è la risposta europea alla crisi?

L’Unione Europea si è subito data da fare per fornire misure volte a contrastare la speculazione che investe il settore energetico e per tentare di proteggere cittadini e imprese dalla volatilità dei mercati. La società russa Gazprom minaccia tagli alle forniture in caso di applicazione di un price cap, cioè un tetto massimo entro il quale i Paesi dell’Unione accetterebbero di acquistare gas russo, al fine di riportarne alla normalità il prezzo. Ciò nonostante, la Commissione europea ha avanzato la proposta legislativa di un primo price cap “dinamico” ed un acquisto congiunto del gas. Con questa proposta di price cap “dinamico”, la Commissione intende stabilire un prezzo basato sulle fluttuazioni del mercato, in modo da limitare la speculazione. A medio termine, l’esecutivo comunitario vorrebbe anche istituire un nuovo hub finanziario per il solo scambio di GNL (gas liquefatto), alternativo al TTF di Amsterdam, che è dove al momento viene negoziato insieme al gas importato dai gasdotti.

Infine, per il prossimo inverno, oltre agli acquisti di gas minimi in comune tra i Paesi UE, Bruxelles lavorerà per implementare il cosiddetto piano REpowerEu, le cui assi portanti poggiano sul risparmio di energia, la produzione di energia pulita e la diversificazione dell’approvvigionamento energetico. A sostegno del piano sono già disponibili 225 miliardi di euro sottoforma di prestiti nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RFF). Quanto all’Italia, l’ex governo Draghi ha puntato tutto sul price cap e sulla diversificazione energetica, conscio della significativa dipendenza dalla Russia. I due principali nuovi partner di commercio di gas sono l’algerina Sonatrach, che prevede una fornitura di 9 miliardi di metri cubi di gas in più dei 22 miliardi finora esportati, e l’Azerbaijan, che ha aumentato le esportazioni attraverso il gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline). Inoltre, sono stati accordati approvvigionamenti di GNL da nuove rotte che interessano soprattutto il Qatar e diversi paesi africani.


Italian Energy Summit e soluzioni di lungo periodo

A fare il punto sulle grandi sfide dell’Italia per raggiungere la tanto agognata diversificazione energetica ci ha pensato l’Italian Energy Summit, la conferenza organizzata annualmente da 24 ore Eventi, che ha approfondito le strategie di diversificazione e transizione energetica delle aziende, con un focus su pianificazioni nel lungo-periodo. Tra gli speaker di spicco Paolo Gallo, AD di Italgas ed Erminio Polito della società di consulenza IT Minsait Italia.

Tra le proposte più innovative emerse durante il summit, Gallo ha menzionato una modifica della rete distributiva, più flessibile e tecnologica per poter accogliere nuove fonti di energia pulite: nello specifico biometano e idrocarburi. Si è parlato anche di virtualizzazione degli asset fisici, come le cabine di controllo della rete distributiva, e dell’utilizzo dei dati allo scopo di implementare azioni vantaggiose sia per l’utente che per il produttore, come il controllo dei picchi di consumo dell’energia o la formulazione di offerte più personalizzate in base ai consumi del cliente.

Luca Dal Fabbro, presidente del Gruppo IREN, ha poi parlato dello sfruttamento di metalli rari nei processi di transizione ecologica, e dei pericoli economici e geopolitici che l’approvvigionamento di cobalto, tellurio e palladio possono provocare nel lungo periodo.


Dopo un’analisi delle idee più brillanti ed innovative provenienti dai big del settore energetico e ai piani già attuati da Italia e Unione europea, resta da vedere come si allineerà il nuovo governo a guida Meloni in materia di rincari, diversificazione e transizione energetica, tenendo a mente il ruolo marginale che hanno ricoperto i temi ambientali ed energetici nel programma elettorale con cui Fratelli d’Italia si è presentata alle elezioni del 25 settembre. Si fa largo l’ipotesi dell’eliminazione del Piano per la Transizione Energetica nelle Aree Idonee, per riprovare a estrarre più gas possibile con le trivelle. Ma di fronte a queste proposte, un’Italia del futuro che virtualizza le sue cabine di controllo e recupera metalli rari dai rifiuti per la digitalizzazione delle reti di distribuzione, non può che sembrare una lontana utopia.

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