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Guerra del greggio: tra i due litiganti, il terzo gode?

DI ALICE CARNEVALI

1/05/2020

Tra Russia ed Arabia Saudita è scoppiata una guerra economica che ha causato il maggiore calo dei prezzi del petrolio dall’inizio degli anni 90. Cosa sta accadendo nell’Opec+? Quali saranno le conseguenze?

Ammettiamolo: il nuovo decennio è iniziato in maniera singolare. Le misure inedite all’insegna del “whatever it takes” adottate dalla Federal Reserve americana, il rinvio delle Olimpiadi di Tokio al 2021, e il terrificante livello di sedentarietà calcolato dal contapassi del nostro cellulare formano una lista molto lunga. Ma a questa, causata dall’emergenza sanitaria in corso, si aggiunge il più grande calo dei prezzi del greggio dai tempi della Prima Guerra del Golfo.

Mentre la pandemia globale ha scatenato una vertiginosa volatilità finanziaria e sta portando alla recessione economica, il mercato del petrolio è interessato da una guerra dei prezzi tra Russia e Arabia Saudita, che ha determinato il crollo del prezzo del barile del 30% sui mercati internazionali.

Ma in che modo le due potenze sono arrivate ad uno scontro di tale intensità? E perché?

L’Opec+: una collaborazione fallita

La guerra dei prezzi tra Russia e Arabia Saudita si inserisce all’interno di una relazione iniziata come cordiale nel 2015, quando i paesi dell’Opec si resero conto della necessità di un’alleanza con il Cremlino per far fronte all’innovativa e crescente industria di petrolio americana. È dunque da una comune necessità economica che nacque l’intesa Opec+, una collaborazione tra i paesi esportatori di petrolio (capitanati dall’Arabia Saudita) e l’allora maggiore esportatore mondiale non-Opec, la Russia.

Tuttavia, l’iniziale cooperazione si è gradualmente indebolita a causa di interessi divergenti tra Riyadh e Mosca: da un lato, le riforme economiche saudite hanno reso il regno del Principe Mohammed dipendente dagli introiti petroliferi, mentre le politiche di Putin hanno permesso alla Russia di raggiungere una maggiore autonomia rispetto alle importazioni. La frattura è poi stata aggravata dall’atteggiamento di entrambi i leader politici determinati a far prevalere i loro interessi in sede Opec+, una tensione crescente che è arrivata all’apice nel marzo 2020, quando i prezzi del greggio sono calati del 30%. Data l’emergenza del Covid-19 e le sue pesanti ripercussioni economiche, l’Arabia Saudita ha cercato di spingere i Paesi dell’Opec+ a tagliare sulla produzione in modo da sostenere i prezzi del greggio, ma la strategia è stata ostacolata dalla decisa opposizione russa.

Pubblicamente, la Russia ha giustificato la sua decisione con la volontà di approfondire maggiormente le conseguenze del Coronavirus sul sistema economico mondiale, ma un’analisi più precisa dimostra che la principale motivazione è dovuta alla storica competizione con gli Stati Uniti. Infatti, grazie al fracking (tecnica che consiste nel far emergere il gas sotterraneo tramite getti di acqua e sabbia dopo la perforazione) le industrie americane hanno conquistato il mercato del petrolio facendo degli States il primo Paese per export mondiale di petrolio, una posizione che sarebbe ulteriormente avvantaggiata dal taglio di produzione proposto dall’Arabia Saudita.

A questo punto, Riyadh ha risposto prontamente al braccio di ferro con Mosca aumentando la produzione ed offrendo il greggio a prezzi più bassi. In questo modo, l’Arabia Saudita spera di convincere la Russia a raggiungere un accordo rubandole clienti e quote di mercato, ma le ripercussioni potrebbero essere diverse da quelle inizialmente calcolate.

Quali conseguenze?

Nonostante la strategia saudita, i prezzi del petrolio continuano a calare con poche prospettive di ripresa, un chiaro risultato dell’inaspettatamente rapida diffusione del coronavirus. Infatti, la pandemia ha causato un calo della domanda globale di petrolio, alla quale il mercato cerca di far fronte con un graduale declino dei prezzi del greggio. Una dinamica sicuramente preoccupante per i Paesi dell’Opec+ ed il competitore statunitense, i quali si ritrovano a gestire un virus tremendamente contagioso e prospettive economiche nefaste.

Da un lato, il piano saudita è interpretabile come il tentativo di rafforzare l’immagine del Principe Mohammed, un leader che non si vuole piegare al protagonismo russo, ma è pronto a tutto pur di dettare le regole del gioco nel mercato petrolifero. Ad oggi, l’Arabia Saudita ha una grande capacità di greggio inutilizzata, ma ciò non toglie che dovrà far fronte alla sfida economica del Covid-19 per evitare un devastante crollo economico.

Diversamente, la Russia affronterà maggiori difficoltà nell’aumentare la produzione ed il declino dei prezzi potrebbe ostacolare la promessa di Putin di procedere ad un’innovazione infrastrutturale. Ciò nonostante è difficile prevedere quali saranno i veri impatti di questa crisi sull’economia di Mosca perché la flessibilità della moneta russa e la minore dipendenza dalla vendita di petrolio potrebbero attutire il danno previsto.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, invece, la guerra del greggio arriva in un periodo di grandi sfide per l’amministrazione di Donald Trump, impegnata nella gestione della campagna elettorale presidenziale in piena crisi coronavirus. Le aziende petrolifere statunitensi potrebbero infatti essere gravemente danneggiate dal braccio di ferro dell’Opec+, a causa della mancanza di investitori e dunque di capitali da utilizzare per la crescita del mercato. Risulta però complesso calcolare l’effettivo risultato, in quanto il danno potrebbe essere attutito dai piccoli produttori indipendenti che, grazie a contratti precedentemente firmati, venderanno petrolio ad un prezzo maggiore rispetto a quello del mercato.

To be continued

Le reali conseguenze della perdita di valore del petrolio, ad oggi, sono difficili da stimare. Non si tratta solo di un “bene per consumatori” come Trump ha twittato, ma avrà una ricaduta anche sulle economie di Paesi come Nigeria, Venezuela e Iraq le cui finanze dipendono principalmente dalla vendita di petrolio e sull’equilibrio geopolitico mediorientale, fino ad oggi caratterizzato da un’intesa tra Russia e Arabia Saudita. La posta in gioco è alta e solo prossimamente potremmo capire quale sarà il futuro dell’Opec+. E del mondo intero.

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