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Eddi Marcucci: dalla lotta al Califfato alla sorveglianza speciale in Italia

DI GIORGIA SCOGNAMIGLIO

25/01/2021

Il Tribunale di Torino ha confermato l’applicazione della Sorveglianza speciale a Eddi Marcucci, una dei giovani volontari partiti tra il 2016 e 2018 per il Rojava, in Siria del Nord, per combattere contro l’Isis e contribuire allo sviluppo democratico della società curda.

Il 18 marzo 2019 moriva il giovane fiorentino Lorenzo “Orso” Orsetti, durante la battaglia che ha portato alla liberazione di Baghuz, ultima roccaforte dell’Isis. La notizia, per un po’ di tempo, ha acceso i riflettori sulla questione curda, oltre a risvegliare le coscienze (e la curiosità) nel nostro Paese. In molti si sono chiesti cosa avesse spinto un ragazzo così giovane a mettere in gioco la sua vita per una guerra che “non era la sua”; gli stessi media l’hanno celebrato come un eroe, un partigiano senza confini. Non è accaduto lo stesso per cinque ex combattenti rientrati in Italia, per i quali il Tribunale di Torino ha chiesto la Sorveglianza Speciale: una misura controversa e di dubbia legittimità, zona grigia dello stato di diritto.


Cos’è il Rojava? E cosa indicano le sigle Ypg e Ypj?

Prima di esaminare la vicenda, è indispensabile aprire una breve parentesi per conoscere alcuni tratti fondamentali del contesto nel quale si inserisce. Il Rojava è l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord, nella regione del Kurdistan siriano, lungo il confine con la Turchia. Istituito de facto nel 2012, durante la guerra civile siriana, dall’Unità di Protezione Popolare (Ypg), la milizia popolare a maggioranza curda. Qui, si è dato vita a una “democrazia egualitaria”, eccezionale rispetto ad altri paesi del Medio Oriente: pluralista, ecologista, femminista e liberale. Ciò ha catturato le attenzioni e le simpatie dell’Occidente, rafforzate poi dalla guerra combattuta contro l’Isis. A partire dal 2014 le Ypg sono diventate il principale gruppo armato coinvolto nella guerra contro lo Stato Islamico. Al suo interno si sono formati diversi sottogruppi, tra i quali spicca sicuramente la Ypj (Unità di protezione delle donne curde), simbolo di secolarizzazione ed emancipazione, quindi meritevole di grande risonanza mediatica.


Il “non processo” avviato contro gli ex-combattenti

Il 25 marzo la Procura di Torino (pm Emanuela Pedrotta) ha chiesto la Sorveglianza speciale per Paolo Andolina, Davide Grasso, Fabrizio Maniero, Maria Edgarda “Eddi” Marcucci - ex combattenti Ypg - e Jacopo Bindi – ex volontario civile per TEV-DEM (Movimento per una società democratica).

Assolti in un primo tempo Davide Grasso e Fabrizio Maniero, sono rimasti in attesa di giudizio fino a marzo 2020 Eddi Marcucci, Paolo Andolina e Jacopo Bindi: la presenza di segnalazioni da parte di singoli poliziotti della Digos circa la loro condotta in Italia, avrebbe rallentato il procedimento, pur senza passare mai per l’assenso di un giudice né per un controinterrogatorio da parte della difesa. A lanciare l’allarme sulle irregolarità lo stesso Davide Grasso che, in una serie di interviste rilasciate ai media, ha accusato i giudici di aver leso il diritto di difesa “in un procedimento che già di per sé è un processo alle intenzioni e perciò totalmente anti-giuridico”.

Secondo il pm, nell’esperienza maturata all’estero, i tre avrebbero acquisito conoscenze in materia di armi e strategie militari (come chiunque abbia fatto il servizio militare in Italia) che potrebbero essere utilizzate anche in territorio nazionale. Sulla base delle segnalazioni «c’è la certezza, e non solo la probabilità, che in futuro si rendano responsabili di condotte che mettano in pericolo l’ordine e la sicurezza». Questo perché l’attivismo dei tre non si è fermato nel Rojava, ma ha visto la partecipazione – in Italia - a incontri pubblici, dibattiti e manifestazioni (tra le quali quelle contro la fornitura di armi alla Turchia), nonché ai movimenti No Tav e Non Una di Meno.
Alla fine dell’udienza, il Tribunale ha deciso l’applicazione per due anni della misura di Sorveglianza Speciale alla sola Eddi Marcucci, considerata “socialmente pericolosa”.  La Ventinovenne, romana, incensurata, era partita per il Rojava nel 2017: la sua missione, inizialmente a scopo sociale, è declinata nell’arruolamento tra le fila dell’Ypj per combattere contro il Califfato nero. Dopo la decisione del Tribunale la ragazza non si è data per vinta: ha presentato ricorso e, intanto, ha avviato una campagna di sensibilizzazione sui social per far conoscere la sua storia e comunicare l’importanza di lottare per la libertà contro ogni forma di oppressione. Poco dopo, i social le vengono oscurati e il 22 dicembre il Tribunale conferma la “sentenza”. Non si è esclude, intanto, un ricorso in Cassazione e alla Corte europea da parte della difesa.


Il Codice Rocco e la Sorveglianza Speciale

Il decreto emesso dal Tribunale di Torino ha condannato Eddi Marcucci non ad una pena (anche perché non c’è stato alcun processo e alcun reato), ma ad una misura speciale di “prevenzione”. Introdotta con il Codice Rocco del 1931 - con firma Mussolini - e più volte riconfermata (anzi, estesa), vuole contrastare la tendenza criminale di soggetti che “sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza o la tranquillità pubblica” (Decreto Legislativo n.159/2011).

In Italia è stata discussa più volte la sua legittimità costituzionale, così come in Europa la sua conformità ai principi della “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”, dato che può essere applicata senza nessuna prova, ma sulla mera base di indizi e giudizi ipotetici – contraddicendo, quindi, i precetti di base della giustizia, quali la presunzione di innocenza - pur essendo vessatoria per le libertà individuali del soggetto.

Prevede, infatti, una serie di restrizioni alla libertà personale e ai diritti civili: il divieto di residenza nel proprio comune, il ritiro del passaporto e della patente e il divieto di uscire tra le 21 e le 7 del mattino. Ma anche l’impossibilità di riunirsi con più di due persone, di parlare in pubblico e di partecipare a manifestazioni: quindi la rinuncia alla vita politica e sociale. Insieme a questo, l’obbligo di portare con sé un libretto rosso su cui gli agenti di polizia possano annotare i comportamenti ogni volta che lo ritengano opportuno.


Opinione pubblica e attenzione mediatica

L’attenzione mediatica, molto alta nel periodo successivo alla morte di Lorenzo Orsetti, è calata progressivamente.  La storia dei cinque ex-combattenti italiani ha trovato spazio in alcuni giornali e riviste, per poi essere quasi completamente oscurata dall’emergenza Covid-19, proprio quando il Tribunale di Torino ha preso la decisione definitiva sul destino di Eddi Marcucci. Una figura sicuramente controversa, che nell’opinione pubblica oscilla tra l’essere simbolo del femminismo e un’anarchica pericolosa, un esempio da imitare e una perfetta sconosciuta. Moltissimi sono i messaggi di solidarietà pervenuti a Eddi via social, affiancati da accuse di estremismo di sinistra e anarchia.

Al di là di ciò, negli ultimi anni, diversi attivisti ed esponenti del mondo accademico hanno chiesto al tribunale di eliminare la misura di Sorveglianza Speciale. A novembre i giudici dell’Osservatorio Permanente per la Legalità Costituzionale del Comitato Rodotà, nell’attesa del ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo, hanno proposto alla cittadinanza la sottoscrizione di un appello volto non solo alla restituzione a Eddi della sua “agibilità politica, fisica ed informatica”, ma anche all’apertura di una “discussione politica e giuridica sull’incompatibilità della sorveglianza speciale rispetto ai parametri della CEDU”. L’appello, che raccolto quasi 3000 firme, ha seguito quello del 2019, cui aderirono oltre trecento intellettuali, artisti e personalità delle istituzioni. Lo stesso anno, nasceva la pagina Facebook e Instagram (più volte chiusa) “Noi siamo con chi combatte l’Isis” per la diffusione di informazioni sul Rojava e sulla situazione giuridica di Eddi. Dalla vicenda è nato un fumetto di Zerocalcare intitolato “Minuscolo appunto sul nord della Siria e sulla sorveglianza speciale” e anche un documentario, “Soggetti Pericolosi”, con autrici Stefania Pusateri e Valentina Salvi e con l’obiettivo di dare una narrazione coerente a “una Storia che vale la pena di essere raccontata” e denunciare le azioni dello Stato italiano, in particolare della Procura di Torino.

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