“Il continente della speranza” secondo Pablo Neruda - America Latina secondo tanti.
DI AGNESE ZOPPELLI
4/07/2020
Umiliata, stereotipata, desiderata da molti, ma amata sinceramente da pochi, questa è l’America Latina. Ma siamo certi di sapere tutto di questa parte del mondo? Per soddisfare alcune delle nostre curiosità è intervenuto il Professor Loris Zanatta, docente di Storia dell’America Latina presso l’Università di Bologna. Ecco il quadro che ci riporta.
Umiliata, stereotipata, desiderata da molti, ma amata sinceramente da pochi, questa è l’America Latina. La vediamo come una parte di mondo in profonda crisi, colpita duramente dalla pandemia, con una economia e una società che faticano ad alzarsi. Dal punto di vista delle relazioni internazionali, è incapace di sfruttare il soft power per migliorare la sua condizione, ritrovandosi così sempre più nelle braccia dell’”amico” cinese invece che in quelle americane. Ma siamo certi di sapere tutto di questa parte del mondo? Per soddisfare alcune delle nostre curiosità è intervenuto il Professor Loris Zanatta, docente di Storia dell’America Latina presso l’Università di Bologna. Ecco il quadro che ci riporta.
Attualmente, come sono i rapporti tra Stati Uniti ed America Latina?
Li definirei in stallo, ai minimi storici. Da quando Trump è salito al governo le relazioni tra Washington e gli stati del sud non sono particolarmente positive. Da sempre, rimangono alleati degli Stati Uniti il Brasile e la Colombia, nonostante la politica del Presidente americano sia notoriamente quella incentrata sull’America First. Questo significa che, pur di difendere gli interessi nazionali in campo sociale ma soprattutto economico attraverso forme di protezionismo, gli Stati Uniti sono capaci di creare e alimentare conflitti con la controparte latino americana. In questo modo, tuttavia, il ritiro statunitense lascia ampio margine, economico e geopolitico, ad un altro attore internazionale: la Cina. Al momento, comunque, non credo sia un bene non avere negli Stati Uniti un partner forte, capace di aiutare l’America Latina, ma gli stessi paesi sud americani non sanno trovare un compromesso: se gli USA sono troppo presenti ecco che diventano imperialisti , se sono troppo assenti sono accusati di averli dimenticati. Il vero problema è che soffrono della sfaldatura dell’ordine internazionale liberale, per questo la prospettiva che Trump non venga rieletto potrebbe essere una buona notizia.
Se dovessimo presentare la situazione attuale o in generale il continente sud americano, in una espressione o breve frase, sarebbe possibile? Ci piace pensare che esista una frase ad effetto che descriva il tutto.
No, si figuri che la stessa espressione “America Latina” è da mettere in discussione. Le società che la compongono sono molto diverse tra loro, per questo non credo ci sia una frase ad effetto che riesce a descrivere quello che lei mi sta chiedendo. In generale, a prescindere dai diversi regimi politici e diversi livelli economici, tutta l’America Latina ha conosciuto una straordinaria fase di crescita economica dal 2003 al 2013. Così, se da un canto ha prodotto effetti positivi, dall’altro ha fatto nascere grandi aspettative che sono però rimaste senza risposta. La crescita economica è crollata a livello internazionale, il sistema è in crisi e a questo si è aggiunta la pandemia. Il risultato? Aspettative frustrate e crisi della rappresentanza, che sappiamo far da padrona non solo in questa zona del mondo.
Cosa possiamo dire riguardo al populismo latino americano? È giusto indicare gli stati populisti come quelli che hanno saputo peggio gestire la crisi sanitaria portata dal Covid 19?
Occorre precisare che l’America latina è ricca di diversi tipi di populismo. È populista sicuramente il Brasile di Bolsonaro, in quanto invoca un popolo mitico che combatte contro un establishment altrettanto potente. Il suo concetto di popolo deriva da una visione teologica della vita proveniente dall’evangelismo. Anche il Messico può essere definito populista, ma di stampo cattolico, ad esempio. Entrambi hanno affrontato tardi e male la sfida del Coronavirus. Il caso argentino è differente, è in quarantena da più di 100 giorni e rimarrà così ancora per non so quanto tempo, difficilmente reggerà economicamente. Quello che accadrà dopo, lo paragono ad un vulcano. Cosa succederà al governo di Bolsonaro, non lo possiamo sapere.
Il vulcano di cui lei ha parlato, potrebbe prevedere drastici cambi di regime?
Sì, nel caso del Brasile. Questo non vorrebbe dire una crisi della democrazia brasiliana, ma anzi potrebbe confermare la sua buona salute. Vuole sapere una cosa che suonerà sconcertante ai lettori? La democrazia in Brasile funziona, si basa su un buon equilibrio di poteri. L’unica incognita al momento è : il parlamento chiederà l’impeachment di Bolsonaro? In Argentina invece, vedo un governo dove l’influenza dei Peronisti sembra decisa nel volere accumulare tutti i poteri, diventando estremamente pericolosa, e lo stesso rischio si presenta in Messico. Infine, in Cile possono risorgere le proteste al governo di Pinera, ma la democrazia è forte. La pandemia in America Latina, così come in tutto il mondo, ha funto, funge e fungerà da termometro democratico.
Durante la pandemia Covid-19 si è tanto sentito parlare di “negazionismo”, prima con Trump e poi consolidatasi con Bolsonaro. Perchè se ne parla ? Da dove prende origine questa concezione?
Ultimamente il negazionismo si è molto diffuso non solo nelle zone in questione ma anche in quelle più vicine a noi; non è necessario attraversare l’oceano per trovarlo, sia nella politica che nella società civile. Quello che rende il negazionismo di Bolsonaro pericoloso è l’avergli unito una visione autoritaria della società creando una miscela esplosiva. L’arma più pericolosa che usa è quella di scatenare i suoi seguaci contro gli altri poteri dello stato. Il suo negazionismo è figlio di una visione millenaristica della politica di matrice religiosa. Bolsonaro considera il popolo brasiliano eletto, di conseguenza impossibile da fermare e sicuramente impossibile da arrestare a causa di una pandemia.
La crisi sanitaria è arrivata anche all’interno delle Favelas, come era immaginabile. Come vengono gestiti questi quartieri dall’amministrazione centrale? È vero che vengono prevalentemente controllati da gruppi criminali legati al narcotraffico?
Per iniziare, la situazione presentata non è solo tipica del Brasile (per il quale i quartieri popolari vengono indicati con il termine “favelas”, ndr) ma di tutte le regioni dell’America Latina: in queste zone la capacità dello Stato di esercitare controllo è scarsa o nulla e anche dove esso viene esercitato, lo Stato deve aiutarsi con pratiche clientelari o patrimoniali. Dove invece il governo non arriva intervengono organizzazioni criminali che assumono il ruolo di benemerite: lo stesso succede anche in Italia. In alcuni casi ci può essere un accordo con lo Stato mentre in altri lo stato non riesce ad entrare. Generalmente questi poteri di tipo mafioso non si devono tanto all’assenza dello Stato , ma al fatto che finisce per essere assorbito dalle logiche di tipo corporativo, famigliare e clientelare .
Per concludere: ci aspettano ancora diversi mesi prima di tornare, virtualmente o meno, sui banchi ma gli appassionati del tema chiedono a gran voce un consiglio per una lettura estiva. Cosa potrebbe suggerire?
Di leggere molta letteratura: questo aiuta sempre ad arricchire il linguaggio e a cogliere le sfumature della realtà. Gli autori, tra i tanti, che mi sento di citare sono Mario Vargas Llosa e Gabriel Garcia Marquez. Un altro scrittore che consiglio è Jorge Luis Borges. Io stesso ho pubblicato ultimamente un libro sui populismi gesuiti, molto scorrevole e facilmente leggibile. Quello che invece faccio fatica a consigliare è un libro di Eduardo Galeano, “Le vene aperte dell’America Latina “, un testo molto ideologico e molto poco fondato, a mio parere. Trasmette un’immagine tipica che ritrae il solito vittimismo latino americano.