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Il Venezuela vuole cambiare la mappa latinoamericana?

DI GIULIA RITA BONACCORSI

18/11/2023

Si ritorna a parlare di annessioni territoriali in America Latina. È infatti previsto per il 3 dicembre un referendum voluto da Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, per consultare i suoi concittadini sulla possibilità di espandere la frontiera del paese a discapito di quello vicino, la Guyana. In ballo c’è l’integrazione dell’Essequibo, regione ricca in giacimenti petroliferi, attualmente sotto l’amministrazione guyanese. La disputa fa parte di una serie di rivendicazioni territoriali nel Centro e Sud America, come il confine tra il Belize e il Guatemala o l’appartenenza del fiume Silala tra Cile e Bolivia.

Indipendente dal 1966 con gli accordi di Ginevra, la Guyana è stata a lungo tempo territorio di altre nazioni europee durante il periodo coloniale. In primis colonia spagnola, passò subito dopo ad essere occupata dagli olandesi verso la fine del XVI secolo e amministrata dalla Compagnia olandese delle Indie Occidentali per quasi 200 anni. Ed infine, verso la fine delle guerre napoleoniche nel 1814, venne ceduta agli inglesi i quali fondarono l’attuale capitale Georgetown, promulgando la loro sovranità nella zona nel 1831 ed espandendo il territorio verso ovest scontrandosi con la Capitaneria generale del Venezuela nella “Guyana Esequiba”. Quest’ultima, così chiamata dai venezuelani, rappresenta oggi il 74% del territorio guyanese, circa 160 mila km², ricca in altre risorse naturali biologiche e minerali,delimitata dall’omonimo fiume.

Ad ottobre 1899 si stabilì, tramite il lodo arbitrale di Parigi, il limite tra la nazione e la colonia favorendo l’Impero Britannico con la gestione dell’Esequibo, frontiera denunciata dal 1962 e non più riconosciuta  dal Venezuela in difesa dei suoi diritti territoriali. 

Negli anni Sessanta a Ginevra, le parti firmarono una risoluzione inerente alla disputa che definì il controllo della regione al nuovo stato guyanese sebbene venissero riconosciute le proteste di Caracas. I mancati negoziati diplomatici hanno fatto sì che la vicenda sia  rimasta indeterminata  fino ad oggi.


Quella dell’Esequibo è una questione ricorrente nell’agenda politica  della Repubblica Bolivariana, una causa sostenuta da Maduro per dimostrare il successo e l’efficacia del suo governo in vista delle elezioni presidenziali dell’anno prossimo. Tensioni diplomatiche per la zona come quelle che si stanno sviluppando attualmente, si verificarono anche nel 2015 quando il nuovo movente di Maduro vide come protagonista la ExxonMobil. L’azienda petrolifera statunitense venne autorizzata dalla Guyana a compiere esplorazioni geologiche nell’area marittima collegata all’Esequibo rivendicata, spingendo ancor di più le pressioni e le critiche del governo venezuelano. A gennaio del 2021 l’attenzione verso la regione venne stimolata dalle denunce di Caracas relative alla controversa cooperazione difensiva ed esercitazioni militari tra Stati Uniti e Guyana che avrebbero violato il diritto internazionale. 


La Guyana ha già interpellato il corpo diplomatico venezuelano in merito alle nuove minacce alla sovranità del paese. Mentre a Den Haag dal 2020 la Corte Internazionale di Giustizia assicura Georgetown sulla giurisdizione nella regione e sulla validità delle attuali frontiere, Caracas invece rifiuta la sentenza,  la quale verrà messa alla prova tramite referendum consultivo. Organizzazioni regionali come la Comunità dei paesi caraibici (Caricom) affermano l’appoggio al presidente guyanese Irfaan Ali e alle decisioni del Tribunale Internazionale, come risposta alla potenziale instabilità regionale che preoccupa le nazioni limitrofe. Nonostante ciò, è più probabile che, oltre all’ICJ,  gli Stati Uniti, che hanno assunto una posizione più netta al riguardo, saranno mediatori in futuri negoziati.


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