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Quale sarà il destino della democrazia brasiliana?

DI GIULIA RITA BONACCORSI

29/09/2022

Dopo quattro anni di presidenza Bolsonaro, sommersa dalle critiche (ad esempio l’aumento della deforestazione in Amazzonia, indagini per corruzione e accuse di crimini contro l’umanità per la gestione della pandemia), la popolazione del Paese più grande dell’America Latina è chiamata alle urne in un contesto politico decisamente polarizzato.

Domenica 2 ottobre si terranno in Brasile le elezioni per scegliere il Presidente della Repubblica, eleggere 27 governatori statali e i membri del Congresso nazionale suddiviso in Senado e Câmara dos Deputados. Nel possibile scenario in cui nessun candidato per le presidenziali abbia ottenuto più del 50% dei voti si prosegue col secondo turno di ballottaggio previsto per il 30 ottobre. Il voto, che segue la modalità elettronica dal 1996, è obbligatorio per gli elettori alfabetizzati di età compresa tra i 18 e i 70 anni, mentre è facoltativo per l’elettorato nella fascia di età tra i 16 e i 18 anni, per gli over 70 e per gli analfabeti.


Il governo Bolsonaro


Jair Messias Bolsonaro, dopo 27 anni come deputato federale per lo stato di Rio de Janeiro, viene eletto Presidente ad ottobre 2018. Esponente del Partito Social-Liberale (PSL), riuscì a battere Fernando Haddad del Partito dei Lavoratori (PT), a seguito di scandali di corruzione che hanno stravolto l’immagine della sinistra brasiliana. Durante i suoi 4 anni di mandato ha affermato la sua figura conservatrice, nazionalista, populista di destra e cattolica; ha esaltato la dittatura militare avvenuta dal 1964 al 1985 e sostenuto la presenza dei militari al governo e negli incarichi civili; disprezza le minoranze attraverso commenti e dichiarazioni omofobe; si oppone alle quote razziali e supporta la fine dello stato sociale; difende lo stato minimo e la libertà di mercato.

Il governo Bolsonaro è stato contrassegnato da una turbolenta gestione della pandemia di COVID-19, che ha provocato oltre 685 mila morti, influenzata dalla posizione del presidente, negligente e negazionista nei confronti del virus, ad esempio scoraggiando l’uso della mascherina e dei vaccini. Per questo la Commissione d’inchiesta del Congresso brasiliano lo ha denunciato all’Aja per crimini contro l’umanità durante l’emergenza sanitaria.

L’agenda politica dell’attuale capo di Stato brasiliano si è poco concentrata sulla protezione dell’ambiente e ciò ha causato un aumento del 75% della deforestazione in Amazzonia rispetto al 2018, secondo il rapporto “Dangerous man, dangerous deals” di Greenpeace. Si è visto anche un aumento degli allevamenti intensivi e dell’attività estrattiva a discapito di molte comunità indigene. Ha infatti indebolito i poteri dell’Istituto brasiliano dell’ambiente e delle risorse naturali (Ibama), autorità di monitoraggio e responsabile per la realizzazione della politica nazionale ambientale.

In ambito economico il Brasile si trova in situazione di crisi iniziata nel 2014 con il calo del prezzo delle materie prime e l’impatto esorbitante della spesa pubblica per la realizzazione dei Mondiali di Calcio e le Olimpiadi - aggravata dalla pandemia. Il Paese attualmente presenta la quarta inflazione più alta tra i paesi membri del G20 e 33 milioni di persone che soffrono la fame. Sempre tra i paesi del G20 il Brasile occupa quasi la fine della classifica per quanto riguarda le previsioni di crescita del PIL fatte dal Fondo Monetario Internazionale, con un tasso di appena 1,7%.


Chi sono i candidati?


I due principali contendenti sono, per l’appunto, Jair Bolsonaro, candidato dell’estrema destra e l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, leader della sinistra.

L’attuale presidente, sostenuto dal Partito Liberale (PL) propone un piano di governo basato sulla “libertà” economica, religiosa, di espressione ma anche per “l’uso responsabile delle risorse naturali” al fine di rafforzare i settori minerari e agropecuario; difende la privatizzazione di aziende statali e una riforma della giustizia tributaria; pone come necessità l’affermazione del diritto alla legittima difesa tramite un accesso facilitato all’acquisto di armi da fuoco.

Lula, 76 anni, ha governato dal 2002 al 2010 rappresentando il PT (sinistra). Accusato durante l’operazione "Lava Jato" (tradotta “Autolavaggio”) che comprende l’indagine per riciclaggio di denaro e corruzione, Lula ha trascorso 580 giorni di carcere prima di ottenere l'annullamento delle condanne a causa del carattere parziale del giudice Sergio Moro durante il processo. Il suo progetto politico si concentra nel “superare il modello neoliberale che ha portato il Paese ad essere arretrato”. Le sue proposte sono innalzare il valore del salario minimo; impedire la privatizzazione della compagnia petrolifera Petrobras e il gruppo energetico Eletrobras; applicare il modello progressivo in un sistema tributario riformato; promuovere l’avanzamento della transizione ecologica ed energetica; espandere le politiche di inclusione alle minoranze. Secondo lo scrittore André Singer il “lulismo” propone uno stato sufficientemente forte per ridurre le disuguaglianze.

La “terza via” è invece rappresentata da candidati come Ciro Gomes del Partito democratico del lavoro (Pdt, centrosinistra) e la senatrice Simone Tebet del Movimento democratico brasiliano (Mdb, conservatore). Altre candidature non hanno acquisito elettorato sufficiente a tal punto da essere rilevanti nella sfida elettorale brasiliana.


Polarizzazione


Queste elezioni sono senza dubbio tra le più polarizzate da decenni. Secondo l’ultimo sondaggio (23 settembre 2022) dell'istituto di ricerca Datafolha l’ex presidente Lula oscilla tra il 45% e il 47% delle intenzioni di voto contro il 33% stabile di Bolsonaro, per quanto riguarda i voti validi (esclusi voti in bianco, nulli e una percentuale di indecisi) invece, risulterebbe che Lula avesse il 50% e Bolsonaro il 35%.

Entrambi hanno una tecnica comunicativa carismatica che è riuscita a conquistare la rispettiva parte della popolazione brasiliana. Lula negli anni ha costruito un legame di fiducia con l’elettorato più povero mentre Bolsonaro è riuscito a proporre un'immagine di sé collegata alla spontaneità e viene paragonato ad un mito dai suoi elettori.

La popolarità di Lula è giustificata dal contesto economico favorevole collegato al boom delle materie prime che quando era presidente ha saputo sfruttare per rilanciare l’economia, moltiplicando i programmi sociali contro la povertà. Oggi Lula cerca di conquistare il centro e il settore industriale e finanziario. Per queste elezioni ha infatti scelto l’ex governatore conservatore dello stato di São Paulo Geraldo Alckmin, lo stesso che ha sostenuto l’impeachment dell’ex presidente Dilma Rousseff (PT). Questa alleanza innaturale ed altre che cercano di ampliare il fronte anti-Bolsonaro sono considerate pericolose in ambito di politica interna poiché contrastanti. Difatti, molti voti non saranno di fiducia o di adesione al progetto politico del PT, ma solo contro il presidente di estrema destra, in base al pensiero di eleggere il “meno peggio”.

Bolsonaro prevale solo tra gli elettori con un reddito superiore a dieci salari minimi e appartenenti alla Chiesa evangelica, gruppo che lo supporta nei temi conservatori. Come arma per ribaltare i sondaggi ha deciso di aumentare del 50% il sussidio Auxilio Brasil che riunisce politiche pubbliche di assistenza sociale, educazione, impiego e rendita. Inoltre, l’attuale capo di stato può contare in un forte sentimento anti-petista (dove per petista si intende la parte di elettorato che sostiene la filosofia politica del Partito dei Lavoratori) nei brasiliani nato dagli scandali politici come il “Mensalão” - sistema di pagamento di parlamentari per appoggio politico ai temi di interesse del governo - sorti nel 2005 e che dal 2012 hanno portato alle dimissioni di addirittura ministri.

In caso di un secondo turno di ballottaggio l’esito dipenderà dagli elettori del candidato Ciro Gomes fortemente schierato contro entrambi, ma secondo gli osservatori più della metà dei voti utili andrebbe a Lula.


Perché queste elezioni sono importanti per l’Italia e il Mondo?


Agli occhi dell’opinione pubblica internazionale queste elezioni rappresentano la disputa tra ciò che il Washington Post ha denominato “revanchist left and a toxic right”. Per molti osservatori politici queste elezioni rappresentano un test per la democrazia brasiliana.

Vi è grande apprensione da parte di Stati Uniti ed Europa verso l’eventualità di un colpo di stato o di una mobilitazione violenta dei “bolsonaristas” in caso di sconfitta, il timore di un “assalto al Campidoglio” in versione brasiliana. Le preoccupazioni aumentano soprattutto dopo varie dichiarazioni del presidente Jair Bolsonaro, definito "Trump dei tropici", come ad esempio ritenere l'urna elettronica un elemento che possa condurre a brogli elettorali a favore di Lula.

I risultati di queste elezioni saranno determinanti nelle relazioni internazionali che il Brasile mantiene con gli altri Stati, principalmente Stati Uniti d'America, i paesi dell'Unione Europea, i membri del Mercosur e con i capi di stato dei BRICS.

Con programmi ambientali contrastanti tra Bolsonaro e Lula, il vincitore determinerà anche la gestione per la preservazione della foresta amazzonica e la sua biodiversità, stando attenti alle pressioni internazionali come quella francese. Inoltre, dopo più di 20 anni di negoziati, il nuovo presidente brasiliano sarà cruciale per ridefinire i termini del Trattato di libero scambio tra UE e Mercosur. Infine, queste elezioni stabiliranno se il Brasile farà parte o meno dei piani di coordinazione tra i leader di sinistra di diversi governi latinoamericani.

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