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Trump e le Americhe: fare buon viso a cattivo gioco?

DI GIULIA BONACCORSI

16/03/2025

L’approccio del neo eletto presidente statunitense Donald Trump nei confronti dei paesi in America Latina è poliedrico. Sicuramente si osserva una prossimità ideologica e di azioni politiche tra Trump e Javier Milei, presidente dell’Argentina, arrivando a dimostrare anche simbolicamente l'affinità dei governi all’opinione pubblica - quando lo scorso mese Milei regala una motosega a Elon Musk, capo del dipartimento per l’efficienza del governo statunitense. Mentre si fa più evidente la distanza con la maggior parte dei governi del continente americano sulle più svariate tematiche e iniziative, dal commercio, l’immigrazione, fino alla geografia.

Facendo un passo indietro, durante il primo governo statunitense guidato da Trump (2017-2021), quest’ultimo non ha curato particolarmente i rapporti intra americani. Non prese parte al Vertice delle Americhe nel 2018, l’incontro annuale promosso durante l’amministrazione di Bill Clinton nel 1994. E poi, di centrale rilievo fu la questione dell’ampliamento del muro di Tijuana al confine tra Messico e Stati Uniti, e dopo 700 km edificati, venne interrotto - non lo furono i pagamenti - durante il governo di Joe Biden. Eppure, dal punto di vista commerciale, un nuovo accordo di libero scambio è stato adottato nel 2020, in sostituzione al Nafta, in vigore sempre dal 1994. Il trattato Stati Uniti-Messico-Canada (USMCA), di durata prevista di 16 anni, comporta un boost all’industria automobilistica delle tre parti contraenti, e la definizione e osservazione di standard comuni relativi allo sviluppo sostenibile - avanzato dai canadesi -, le condizioni lavorative e la gestione dei dati digitali, tra le altre cose.


Negli ultimi mesi, invece, Trump ha a più riprese sottolineato il suo punto di vista riguardo il bisogno unilaterale dei paesi latinoamericani del supporto statunitense, manifestando, ancora una volta, il suo allontanamento dal multilateralismo nel continente. Contro il vicino messicano, la tensione nei dialoghi è stata alimentata dalla scelta del governo USA di designare come organizzazioni terroristiche i cartelli della droga messicani - al pari del gruppo criminale venezuelano Tren de Aragua - facendo sì che il dossier passi ad essere controllato con nuove strategie sotto le strutture di intelligence statunitensi.

In campo commerciale, il protezionismo promosso da questa amministrazione minaccia periodicamente lo stesso accordo USMCA con l’imposizione di dazi - fino a questo momento sono stati rinviati - motivati, secondo il presidente statunitense, dallo sforzo messicano e canadese da lui giudicato insufficiente nella lotta all’uso improprio dell’oppioide sintetico fentanyl.

Infine, si aggiungono anche provocazioni in ambito geopolitico. Oltre alla discussione concernente il cambio della nomenclatura del Golfo del Messico, il neoeletto presidente degli Stati Uniti ha confermato, durante il suo primo discorso al congresso della Nazione, l’interesse nel riacquisire il Canale di Panama, dal 1999 ceduto alla Repubblica di Panama. Il secondo snodo mondiale per il commercio internazionale è fondamentale per l’economia statunitense, ed anche per questo il governo Trump teme l’influenza cinese visto il rafforzamento dei legami commerciali tra Città di Panama e Pechino e il controllo di due porti sui due lati del Canale.


Uno dei temi di maggior peso e causa di forte attrito tra i governi americani è indubbiamente la questione migratoria. Già durante la campagna elettorale del 2024, Trump intimidiva, specialmente la neopresidenza messicana della Sheinbaum e i governi dell’America Centrale con il manifestare la sua intenzione di attuare piani di deportazione di immigrati senza documenti. Il trasferimento forzato dei migranti clandestini ha suscitato differenti reazioni tra i Paesi americani: il presidente colombiano Petro ha accolto iNazioneri solo dopo minacce di imposizione di tariffe sulle esportazioni ed il rischio di escalation di una crisi diplomatica; il governo brasiliano ha denunciato le modalità di rimpatrio; mentre in El Salvador, Bukele si era accordato con Trump già nel 2019 per attribuire alla nazione lo status di “Paese terzo sicuro”, e in questo modo ricevere richiedenti asilo di nazionalità terze come cubani e venezuelani promettendo di accoglierli in condizioni di sicurezza e dignità, posizione concordata anche con il Guatemala.


In questo scenario dove i paesi latinoamericani vengono percepiti da Donald Trump con ostilità e come causa di molteplici problematiche che riguardano tutto il continente, la potenza cinese guadagna sicuramente più spazio di manovra e negoziazione commerciale, che già a novembre 2024 ha inaugurato una nuova enorme infrastruttura, il porto nella città peruviana di Chancay, seguendo la Belt and Road Initiative. Infatti, durante le “Due Sessioni”, la riunione della legislatura cinese annuale che si sta svolgendo in queste settimane, è stata ribadita l’autonomia che gli Stati latinoamericani devono salvaguardare nella presa di decisioni rispetto al governo degli Stati Uniti.

Anche l’Unione Europea rinnova accordi commerciali con i Paesi latinoamericani partner: il mese scorso con il Cile, a gennaio con il Messico, o prima ancora, a dicembre si è giunti alla conclusione dei negoziati per la partnership con il Mercosur.

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