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Un efficace esempio da non seguire

DI PAOLA MIGLIORISI

09/04/2024

In America del Sud c’è una nuova figura che piace e che, per molti, esponenti politici e cittadini, sembra rappresentare l’unica possibilità di cambiamento. In un paese, El Salvador, in cui i tassi di criminalità sono stati tradizionalmente tra i più alti del mondo, il nuovo presidente millennial ha avviato la sua innovativa politica già dal suo primo mandato nel 2019, riscuotendo successo sia internamente che tra i vicini Stati confinanti. Se i risultati si sono affermati essere positivi, forse le modalità con cui si raggiungono andrebbero attenzionati.

War on gangs


Nayib Bukele si presenta come il presidente più cool del mondo; la sua assidua gestione dei social come mezzo propagandistico fa della sua figura un orgoglio per la popolazione del paese, almeno per coloro che vedono in lui una speranza. Bukele, fin dal suo primo mandato, ha fatto della questione sicurezza la sua priorità: la sua ambizione rimane quella di eliminare ogni traccia di criminalità nel paese legata alla presenza delle gang. La sua ricetta si sintetizza in una repressione massiccia di qualunque elemento possa essere collegato con attività criminali e una caccia a chiunque possa essere coinvolto. Il metodo viene rovesciato: “detain first, investigate after” dove le pene da scontare sono durissime e non c’è alcuna garanzia legale per i cittadini accusati. Qualsiasi persona sospettata di avere avuto un interesse o un collegamento con un’attività criminale viene carcerata, portando il paese nel 2022 ad avere il più alto tasso di persone dietro le sbarre: 1 cittadino ogni 50, per un totale di circa 100 mila detenuti, per un paese che ha una popolazione di poco più di 6 milioni di abitanti. In quell’anno, Bukele dichiara formalmente la sua war on gangs, dopo che una furia omicida da parte di Mara Salvatrucha, una delle maggiori gang del paese, riuscì ad uccidere 87 persone in soli tre giorni. Il governo fece approvare una serie di misure mirate a reprimere le gang in questo senso, condannando qualunque elemento possa ricondurre ad esse.

Ad oggi, El Salvador riporta un cambiamento radicale sul piano della sicurezza, essendo passato da 53 omicidi ogni 100 mila abitanti nel 2018 a 2,4 ogni 100 mila nel 2024.




Un risultato invidiabile


In un’area geografica in cui la criminalità e la violenza sono elementi caratterizzanti della vita quotidiana e dove si individuano quasi l’80% delle 50 città più pericolose del mondo, la “ricetta Bukele“ viene considerata un esempio da seguire. L’inaspettato successo salvadoregno sta echeggiando tra i leader dei paesi latinoamericani: le percentuali schiaccianti con cui Bukele ha vinto le ultime elezioni convince di dover seguire questa linea politica, sia per cercare di emarginare il problema della sicurezza interna, sia per attrarre più consensi. Verso questa direzione, ha un ruolo importante la costruzione sui social media che il presidente ha dato alla sua policy. Combinando l’innovazione dei metodi di comunicazione, tramite le più popolari piattaforme social, e una tipologia di comunicazione di stampo populista, il presidente ha abbagliato i consensi interni ed esterni, legittimando la sua guerra alle gang. In alcuni casi, le opposizioni agli attuali governi dei paesi dell’area presentano l’esempio di El Salvador come linea alternativa, (è il caso di Colombia, Cile e Argentina), di cui lamentano dell’inefficace lotta alla criminalità.




Giustificare il mezzo per il fine?


Dopo le violenze nel marzo 2022, l’Assemblea legislativa del paese ha adottato lo stato di emergenza di 30 giorni, per poter rispondere prontamente ai crimini commessi, in modo da avere più margine d’azione, ovvero potendo evitare di osservare alcuni diritti fondamentali. Dopo il termine stabilito, lo stato di emergenza venne prorogato circa altre venti volte: il tempo necessario per lo smantellamento dello stato di diritto del paese. Bukele porta avanti una strategia che non lascia possibilità di conciliazione tra il rispetto dei diritti con garanzia di checks and balances del potere e la lotta alla criminalità. Il largo consenso popolare al suo partito, Nuevas Ideas, gli permette di continuare un processo di trasformazione della Repubblica in un regime quasi dittatoriale, in cui le forze di polizia hanno molta libertà di azione. Approfittando dello stato di emergenza, Bukele è riuscito ad ottenere il controllo dell’Assemblea Legislativa e accentrare i poteri giudiziari, portando all’approvazione di nuove norme sulla detenzione dei cittadini.


Queste riforme non solo hanno reso molto più facile l’accusa verso i cittadini, senza avere delle prove, ma anche un largo margine d’azione dei corpi di polizia che agiscono su questi. La sicurezza in El Salvador viene basata su una repressione massiccia, in cui gli abusi di potere sono accettati e funzionano da garanzia per la war on gangs. Dal 2016 vengono considerati gruppi terroristici << chiunque usi violenza o metodi inumani con lo scopo di diffondere terrore, insicurezza o panico tra la popolazione e mira all’esercizio di quei poteri che appartengono alla sovranità dello stato o intaccano i diritti fondamentali della popolazione o parte di essa>>. Questi presupposti si sono inaspriti con le nuove riforme emanate dal 2022 in poi, grazie alle quali è molto più facile individuare soggetti facenti parte delle reti criminali, portando a risultati devastanti dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.


Human Rights Watch denuncia la facilità con cui gli organi giudiziari rendono imputabili persone che hanno dei semplici legami personali con dei membri delle organizzazioni, in quanto familiari, avvocati, amici, vicini di casa, per i quali i termini di detenzione per “supportare” le gangs sono aumentati anche fino a 20 o 30 anni. Inoltre, le condizioni di sovraffollamento delle carceri portano ad un ambiente che si rivela a volte anche sfavorevole a queste stesse politiche, in cui la eccessiva violenza alimenta un clima di ribellione verso il governo Bukele.


Eppure, al momento, il risultato è efficace. I mezzi con cui questo viene raggiunto, però, hanno già sfiorato la soglia di tolleranza delle norme internazionali per il diritto dei detenuti, come la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, che El Salvador ha ratificato nel 1996.


Mentre gran parte della popolazione latino-americana acclama la via di Bukele, il mondo osserva come si stiano costruendo una trappola che li imprigiona in un clima di repressione dei diritti umani.




Fonti

https://www.hrw.org/news/2022/04/08/el-salvador-sweeping-new-laws-endanger-rights

https://www.iai.it/it/pubblicazioni/why-el-salvadors-anti-crime-measures-cannot-and-should-not-be-exported

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