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PREMIO SACHAROV 2020: il vento del cambiamento bielorusso

DI ELEONORA RINALDI

29/12/2020

"Vediamo il vostro coraggio. Il coraggio delle donne. Vediamo la vostra aspirazione e determinazione a vivere in un paese democratico in libertà e tutto questo ci ispira."

“Noi  così come il mondo intero siamo pienamente consapevoli di quanto stia  accadendo nel vostro paese. Vediamo il vostro coraggio. Il coraggio  delle donne. Vediamo la sofferenza. Vediamo abusi indicibili. Vediamo la  violenza. Vediamo la vostra aspirazione e determinazione a vivere in un  paese democratico in libertà e tutto questo ci ispira. Vi sosteniamo  nella vostra lotta. Vi rendiamo onore. Vi rendiamo omaggio per la vostra  resistenza e perseveranza".

Con queste parole il 16 dicembre, il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli ha celebrato in una plenaria del Parlamento a Strasburgo, la consegna del famoso Premio Sacharov 2020 alle rappresentanti dell’opposizione democratica bielorussa Svetlana Tikhanovskaya e Veronika Tsepkalo.

Il Premio Sacharov, dal  nome dello scienziato e dissidente politico Andrej Dmitrievič Sacharov,  rappresenta il massimo riconoscimento dell’Unione Europea nei confronti  dei difensori dei diritti umani, della democrazia e dello stato di  diritto. Istituito nel 1988, negli anni, il premio è stato assegnato a  personaggi come Nelson Mandela, Malala Yousafzai, Denis Mukwege e Nadia Murad, a loro volta premi Nobel per la Pace, e, quest’anno, è andato al coraggio e agli sforzi del Consiglio di coordinamento bielorusso di opposizione democratica, per la sua lotta contro il regime ventennale di Alexander Lukashenko.

Il Consiglio nasce dalla resilienza di tre donne: Svetlana Tikhanovskaya,  ex insegnante di inglese, traduttrice e moglie del rivale politico di  Lukashenko Sergei Tikhanovsky, arrestato dalle forze del presidente  dietro le fittizie condanne di incitamento alla violenza e minaccia  all’ordine pubblico; Veronika Tsepkalo attivista politica e moglie del candidato oppositore Valery Tsepkalo, fuggito in esilio, e Maria Kolesnikova, scrittrice, musicista, attivista politica e responsabile della campagna elettorale dei candidati arrestati.

Queste tre donne,  all’indomani delle elezioni presidenziali del 9 agosto, decidono di  proseguire la campagna elettorale dei candidati oppositori che  Lukashenko aveva cercato in ogni modo di mettere a tacere. La loro  coalizione d’opposizione, il cui unico obbiettivo in agenda era quello  di sconfiggere Lukashenko ed indire elezioni libere e democratiche,  viene subito ridicolizzata dal presidente bielorusso. “La costituzione  non è fatta per le donne”, “la Bielorussia non è abbastanza matura  perché una donna diventi presidente” sono solo alcune delle affermazioni  tipicamente maschiliste che Lukashenko rivolge più volte alla candidata  dell’opposizione Tikhanovskaya, la quale tuttavia non si fa certo  intimidire e sfrutta la bassa guardia del presidente per proseguire la  campagna elettorale. Affiancata dalle sue colleghe, Tikhanovskaya inizia  a viaggiare per il Paese, a dare una voce all’insoddisfazione latente  dei cittadini bielorussi e ad offrire la speranza di un’alternativa alle  frustrazioni della popolazione, ancor più accese dopo il fallimentare  tentativo del governo di gestione della pandemia e dell’attuale crisi  economica. Così, nel giro di pochi mesi, le tre donne riescono a  raggiungere un successo mai visto, tanto che nel loro comizio a Minsk il  30 luglio 2020 partecipano ben 60 000 persone, un numero mai registrato  prima d’ora nella storia della bielorussa post-sovietica.

Eppure le elezioni del 9  agosto vedono nuovamente vincitore Lukashenko, con ben l’80% percento di  voti. Il risultato, palesemente truccato, viene attraversato dallo  sdegno nazionale e internazionale. Da quel momento i cittadini  bielorussi si riversano nelle strade per protestare contro il  presidente, o meglio il dittatore, il quale, tuttavia non mostra alcun  cedimento e ordina una serie di dure repressioni da parte delle forze  antisommossa. La prima manifestazione dura ben tre giorni e causa decine  di morti e centinaia di feriti. Le prigioni si riempiono di  manifestanti ed oppositori, alcuni protestanti vengono arrestati e  condannati a due anni di carcere per aver scritto su un muro la frase  “noi non dimenticheremo”. Anche in questo caso le donne bielorusse non  rimangono a guardare, e in un gesto di estrema solidarietà, scendono  nelle piazze principali di Minsk, completamente vestite di bianco per  simboleggiare la natura pacifica della propria protesta. Agitando dei  fiori bianchi, iniziano a circondare i manifestanti uomini, dando vita  ad una sorta di cordone protettivo che possa impedire ulteriori attacchi  della polizia. Si tratta dell’ennesima prova che il vento del  cambiamento ha ormai raggiunto lo stato bielorusso e difficilmente si  placherà senza aver ottenuto il proprio scopo.

Sul versante estero, di  fronte alle perpetrate violazioni dei diritti umani, della democrazia e  del diritto di stato, l’Unione Europea reagisce immediatamente,  rifiutandosi di riconoscere la validità delle elezioni e chiedendo un  nuovo conteggio dei voti. Il rifiuto di Lukashenko innesca l’avvio di  una serie di sanzioni fra cui il divieto di viaggio e il congelamento  dei beni, per costringere il presidente bielorusso a terminare le azioni  di repressione dei civili manifestanti. Inoltre, il 26 ottobre 2020, il  Parlamento Europeo emette la propria risoluzione, denunciando la  politica repressiva di Lukashenko e dichiarando apertamente il proprio  supporto all’opposizione democratica bielorussa.

Il 7 settembre Maria  Kolesnikova, mentre passeggiava tra le strade di Minsk, viene rapita  dalle forze di Lukashenko e trasportata forzatamente al confine con  l’Ucraina per essere espatriata. La donna si oppone strappando il  passaporto e viene incarcerata. Tsepkalo, è costretta a fuggire in  esilio, proprio come Tikhanovskaya, messa di fronte alla scelta tra il  carcere e la fuga in esilio insieme ai propri figli. Ciò  che si potrebbe considerare come una sconfitta del consiglio di  coordinamento, tuttavia, si trasforma in una rinnovata spinta a non  arrendersi. Le manifestazioni continuano tutt’ora a popolare le strade  bielorusse e le due leader in esilio cercano il supporto di altri Stati  per la causa bielorussa, incontrando questo dicembre, con il premio  Sacharov, l’aperto riconoscimento dell’Unione Europea.

In un’intervista a Che tempo che fa,  Veronika Tsepkalo dichiara che Lukashenko sia ormai rimasto isolato da  un punto vista geopolitico, e che anche lo storico alleato russo, stia  allentando le relazioni con il presidente bielorusso. A conferma di  quanto detto, Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha dichiarato negli  scorsi mesi che la Russia non fornirà assistenza militare alla  Bielorussia, e lamenta il modo in cui siano state condotte le ultime  elezioni. Si tratta di una mossa sicuramente inaspettata, difatti,  l’ex-repubblica socialista, ha da sempre trovato nella Russia la sua  naturale alleata. A favorire le relazioni tra i due Paesi, non è stata  solo la loro vicinanza storica, religiosa e culturale, ma soprattutto la  profonda interdipendenza economica che per anni ha consolidato i  rapporti tra i due Stati. Un deciso allontanamento russo nel momento di  maggiore fragilità per il governo di Lukashenko, potrebbe essergli  fatale.

D’altro canto, l’Unione  Europea, prosegue nella sua decisa opposizione a Lukashenko. Dopo aver  concordato lo scorso ottobre un terzo ciclo di sanzioni, gli Stati  membri stanno preparando in questi giorni una “missione di accertamento  dei fatti”, per rafforzare il proprio sostegno al Consiglio di  coordinamento. Particolarmente interessati alla causa bielorussa sono la  Polonia e la Lituania, entrambi promotrici di una transizione  democratica che possa garantire una sicura protezione dall’influenza  russa. Data la posizione strategica della Bielorussia e gli storici  rapporti con Mosca, anche la Germania auspica un avvicinamento con una  nuova Bielorussia democratica in funzione antirussa.

Il ruolo Europeo assume di  conseguenza una rilevanza non solo politica, ma anche geopolitica.  Offrirsi come valida alternativa alla partnership russa, non sarà  affatto semplice, ma sarà di vitale importanza per continuare ad  alimentare e potenzialmente accelerare il vento irrefrenabile del  cambiamento bielorusso.

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