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Cent’anni di Repubblica turca: tra continuità e cambiamento

DI CHIARA SORESI

30/12/2023

Aderire all’Islam politico non significa necessariamente essere partigiani di una teocrazia o prendere parte a una guerriglia rivoluzionaria, ma oggi significa inserirsi nella partita pluralista e democratica con il proprio partito. Un esempio della vitalità islamista non violenta è quello degli elettori turchi che dal 2002 rinnovano la loro fiducia all'AKP di Recep Tayyip Erdoğan.

Il 29 ottobre 1923 Mustafa Kemal Atatürk aboliva il califfato e dichiarava la nascita della Repubblica di Turchia. Quello stesso giorno l’impero ottomano veniva cancellato dalla storia.

Ogni anno, in occasione di questa ricorrenza di orgoglio nazionale e patriottico, per i turchi è festa per 35 ore e le manifestazioni iniziano il 28 ottobre alle 13:00 in tutto il Paese.

Il 29 ottobre 2023 i festeggiamenti vanno diversamente. Il centenario delle istituzioni repubblicane passa in sordina.

Le celebrazioni non sono state offuscate dall’esplosione della guerra a Gaza, come sostiene il regime in carica, o almeno non soltanto. I festeggiamenti sottotono riflettono un profondo cambiamento del contesto politico e sociale che non si riconosce più nelle fondamenta della repubblica, anche se le sue origini vi affondano profondamente.


L'evoluzione dell'islam politico in Turchia, che oggi prende la forma del partito AKP, può essere interpretata come una reazione alle riforme kemaliste intraprese nel periodo del regime a partito unico tra il 1923 e il 1946: l’abolizione del califfato, la concessione del diritto di voto per le donne e l’esortazione ad eliminare il velo, le nuove leggi sull’abbandono dei costumi orientali, la laicizzazione del diritto tramite l’introduzione dei codici e la sostituzione dell’alfabeto arabo con quello latino.

Il discorso kemalista, mirato a civilizzare la popolazione attraverso “l'occidentalizzazione”, assume la forma di una colonizzazione interna delle masse, considerate arretrate in quanto musulmane, da parte dell’élite, considerata moderna in quanto occidentalizzata. Le popolazioni vittime di questo “orientalismo alla turca”, escluse dalla partecipazione politica, cominciarono a nutrire un crescente risentimento verso lo Stato kemalista che riproduceva il divario sociale.

Lo Stato, nel suo tentativo di sradicare i simboli dell'Islam dalla vita pubblica, contribuiva involontariamente a rafforzare un'identità conservatrice basata sui simboli dell'Islam (il velo diventava un simbolo di resistenza contro le istituzioni autoritarie e agenti di alienazione culturale). Inoltre, la lunga tradizione di resistenza contro lo Stato, risalente all'Impero Ottomano, forniva un terreno fertile per la costruzione di questa identità conservatrice, nella quale rifugiarsi e tramite la quale resistere e inventare tradizioni.


A partire dagli anni '50, questo crescente movimento islamico conservatore ha gradualmente assunto la forma di un partito con chiare rivendicazioni politiche.

I membri più attivi provenivano dalle generazioni di migranti provinciali e della periferia urbana verso le grandi città, luoghi-simbolo delle classi superiori, alla cui posizione sociale tutti aspiravano. Tuttavia, una volta concluso il processo di urbanizzazione dopo la seconda guerra mondiale, le popolazioni rurali, finalmente fianco a fianco con le classi superiori, percepiscono un rifiuto ad essere integrate. L’ammirazione si trasforma in odio, perché la ricchezza non basta se non è accompagnata dal riconoscimento sociale.

Accanto al risentimento che muove queste masse, si formano una paura “blu” del declassamento e un sentimento di tropismo islamocentrico, ovvero la credenza che l’islam sia l’ultima, unica e vera religione monoteista. La combinazione di questi tre elementi genera una miscela esplosiva e il conservatorismo islamico diventa l’unico baluardo a cui aggrapparsi.

In più, la democratizzazione fornisce loro gli strumenti per vendicarsi dei traumi e dell’umiliazione subita.


A partire dagli anni '70,  circoli di intellettuali elaborano la sintesi turco-islamica: l’Islam e la cultura turca si amalgamano per dare forma ad una cultura e ad un’identità turche distintive. Ciò ha portato a una forma unica di Islam, caratterizzata da pratiche specifiche e da una visione del mondo influenzata dalla storia e dalla geografia turche: pur mantenendo in piedi la laicità che sta alla base delle istituzioni repubblicane, gli islamisti sostengono che la missione storica dei turchi sia quella di realizzare una dominazione mondiale al servizio dell’Islam.

A partire dal colpo di stato del 1980, la destra islamista si appropria di questa narrazione e la riproduce attraverso conferenze e pamphlets, siglando il matrimonio tra l’Islam politico turco e il nazionalismo turco, diventando il primo, da movimento multiforme minoritario, una grande componente del secondo.

Se in un primo momento questa ideologia si diffonde principalmente a livello di élite, l'islamizzazione dell'istruzione, già avviata nel 1950, prepara il terreno per la nazionalizzazione e generalizzazione di questa sintesi ideologica alle masse.


La situazione attuale della Turchia è caratterizzata da una profonda frammentazione sociale e politica, con gruppi contrastanti che lottano per il riconoscimento e la tutela dei propri diritti. Le istituzioni, una volta solide, hanno mostrato segni di debolezza e mancanza di resilienza, soprattutto sotto gli attacchi dell'Islam politico.

In questo contesto, a seconda degli obiettivi della politica, l’Islam continua ad essere mobilizzato, non tanto per la sua potenza religiosa, bensì per la sua natura di referente identitario dominante nella società turca. Infatti, oltre a ricorrere alla vittimizzazione delle comunità musulmane la cui libertà religiosa è limitata, dal Myanmar alla Palestina, la retorica islamista dei partiti nazionalisti viene utilizzata per mantenere il consenso elettorale in una società che si definisce sempre più musulmana piuttosto che turca.


L’attuale presidente sembra ossessionato dalla figura di Atatürk: cerca di cancellarne il ricordo e al contempo di assurgere egli stesso a figura di spicco nella storia nazionale. Da qui il paradosso di essere il leader di un’ideologia politica che, se da un lato è in totale contrapposizione allo spirito repubblicano laico delle istituzioni kemaliste, dall’altro non può far altro che riconoscere al padre della Repubblica di Turchia i meriti della sua ascesa al potere.

Così, il centenario, anziché fungere da occasione di festa e riflessione unitaria, si manifesta come un momento in cui le divergenze ideologiche e politiche minano la celebrazione di un passato comune.


Fonti:

https://www.internazionale.it/magazine/cengiz-aktar/2023/11/01/niente-da-festeggiare-per-il-regime-di-erdogan

Fouad, N. (2020) Turcité, laicité, islamité : le débat politique sur l’identité de la Turquie contemporaine

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