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TikTok: l'ennesimo rally 'round the flag americano

DI MIRIAM SEMERARO

15/03/2023

Nel corso delle ultime settimane numerosi Stati hanno discusso la possibilità di limitare o addirittura vietare l’uso di TikTok ai propri cittadini per tutelarne la sicurezza e la privacy. Il caso TikTok va però considerato in relazione al contesto della competizione commerciale con gli Stati Uniti, le tensioni sui chip per computer e altre tecnologie, la sicurezza nazionale e Taiwan, oltre alla recente vicenda del pallone spia cinese in territorio americano.

I Paesi che prendono in considerazione le restrizioni a TikTok

A dare il via all’ondata di provvedimenti per regolamentare l’utilizzo del social network sono le istituzioni dell’Unione Europea: i dipendenti non possono utilizzare l’app su alcun dispositivo di lavoro e personale che abbia accesso alla posta elettronica o alle reti istituzionali.

La decisione europea arriva circa due mesi dopo che svariati Stati americani avevano vietato TikTok da dispositivi dei dipendenti dei governi statali, impedendo inoltre di collegarsi alla piattaforma tramite il Wi-fi di alcune sedi universitarie (consentendo comunque di accedere con la propria connessione dati). Negli USA i crescenti timori di sorveglianza si traducono in un’escalation delle restrizioni relative all’utilizzo della piattaforma: il divieto verrà esteso a tutte le agenzie anche a livello federale e della Casa Bianca a partire dalla fine di marzo.

In particolare, il disegno di legge sostenuto da Michael McCaul, presidente della commissione repubblicana, conferirebbe al Presidente degli USA il potere di attuare la messa al bando totale di TikTok negli Stati Uniti. McCaul cita nel testo Christopher Wray, direttore dell'FBI, il quale sostiene che la società madre di TikTok sarebbe "controllata dal governo cinese": in questo senso, lo Stato cinese potrebbe influenzare le persone manipolando l'algoritmo che seleziona i contenuti, oltre a raccogliere i dati degli utenti per "operazioni di spionaggio tradizionali". Nonostante i voti contrari dei democratici della commissione, i legislatori repubblicani hanno approvata con 24 voti favorevoli e 16 contrari. Tuttavia, la proposta necessita ancora dell’approvazione di entrambi gli organi legislativi del Congresso prima di giungere a Joe Biden, inserendosi nel quadro di altre iniziative che punterebbero verso la stessa direzione.

McCaul incontra le resistenze di gruppi per la libertà di espressione quali l'American Civil Liberties Union (ACLU), che sostiene che la legge "violerebbe i diritti del Primo Emendamento di milioni di americani che usano TikTok per comunicare, raccogliere informazioni ed esprimersi quotidianamente". Il disegno di legge viene giudicato eccessivamente ampio in quanto fornisce poche linee guida o limitazioni, e potrebbe finire col coinvolgere molte aziende al di fuori di TikTok in quanto ritenute direttamente o indirettamente soggette all'influenza della Cina. Inoltre, il rappresentante Gregory Meeks, il primo democratico della commissione Affari esteri della Camera, si oppone alla legge in quanto comprometterebbe le alleanze americane nel mondo, finendo col ripercuotersi sui valori americani fondamentali della libertà di parola e della libera impresa dei cittadini.

Il Canada si unisce agli Stati Uniti e all'Unione Europea nell'imporre il divieto generalizzato di installare TikTok su tutti i dispositivi mobili in dotazione al governo, in quanto metterebbe a rischio i dati sensibili degli utenti, auspicando che anche aziende e privati canadesi comprendano la portata della decisione e riducano l’utilizzo dell’app.

In seguito ai provvedimenti delle istituzioni dell’UE, Danimarca e Olanda sconsigliano l’uso di TikTok ad alcune categorie di dipendenti istituzionali, senza, però, contromisure vincolanti. In Italia si è discusso circa la possibilità di limitare l’accesso alla piattaforma ai dipendenti pubblici e ai minori senza però giungere di fatto ad alcuna misura.


I timori su TikTok sono fondati?

I timori diffusi in Occidente attengono all’eventualità che vi sia un legame sospetto tra ByteDance, l’azienda cinese proprietaria di TikTok, e il governo cinese: quest’ultimo sarebbe accusato di servirsi dell’app per attingere ai dati degli utenti e addirittura condizionare l’opinione pubblica verso narrazioni e disinformazione favorevoli alla Cina. Accuse presto smentite da TikTok, che ha negato che i suoi dati o il suo algoritmo siano accessibili in alcun modo allo Stato cinese. Il volume di dati raccolti, inoltre, non è più elevato rispetto a Instagram, Facebook e Twitter. A questo proposito, il gruppo no-profit per i diritti digitali “Fight for Future” porta avanti la campagna #DontBanTikTok per reindirizzare i legislatori verso una regolamentazione in materia di privacy che si applichi a tutte le aziende Big Tech.

Sebbene non siano disponibili prove concrete che dimostrino l’avvenuta manipolazione del social network da parte dello Stato cinese, la credibilità di TikTok è stata compromessa quando l'anno scorso ByteDance, ha ammesso che i dipendenti avevano tentato di usare l'app per spiare i giornalisti nell'ambito di un'indagine sulla fuga di notizie. Di conseguenza, quattro membri del personale sono stati licenziati.

In risposta alle crescenti pressioni politiche occidentali contro il social cinese, TikTok ha annunciato il Project Clover per rafforzare i propri sistemi di sicurezza in Europa: si intende creare tre nuovi centri dati in Europa per garantire che le informazioni degli utenti siano archiviate localmente; il controllo dei flussi di dati verrebbe affidato ad un'azienda europea di cybersicurezza di terze parti, e, infine, verrebbe introdotto un sistema di "pseudonimizzazione" dei dati personali. Un piano simile, il Project Texas, è in corso negli Stati Uniti. Eppure, il giorno prima dell'annuncio del Project Clover, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha appoggiato la proposta di legge di vietare la tecnologia di proprietà straniera avanzata dal democratico Mark Warner – che presiede la commissione d'intelligence del Senato – e dal repubblicano John Thune.


Inquadriamo la vicenda in prospettiva geopolitica

Quello legato a TikTok, dunque, è un rischio in linea teorica, un’altra pedina che va a collocarsi sul ben più ampio scacchiere delle tensioni sino-americane. Pechino si oppone fermamente ai divieti imposti dal governo statunitense, affermando che queste misure rivelano le insicurezze di Washington e denunciando un abuso del potere statale. D’altro canto, la stessa Cina ha da tempo bloccato l’accesso ai propri cittadini ad una serie di piattaforme straniere, tra cui YouTube, Twitter, Facebook e Instagram. Se le due potenze continueranno ad allontanarsi, è probabile che anche altre app cinesi potrebbero subire limitazioni dai politici americani.

Alcuni anni fa era stato Trump il primo a puntare il dito contro TikTok, e, se in passato il suo allarme non aveva ricevuto la risonanza sperata, oggi trova rinnovato interesse in quanto la minaccia è percepita nella ‘forma di infrastruttura informativa critica’. Si assiste a un vero e proprio rally ‘round flag contro i colossi tecnologici sospettati di gravitare nel cono d’ombra del Partito Comunista Cinese, in cui si intravede la possibilità che la nazione americana si ricompatti per far fronte a determinati pericoli. Come in precedenza è accaduto per Huawei, TikTok sta tentando di convincere i legislatori occidentali della propria affidabilità e trasparenza.  In ultima battuta, la decisione sul futuro dell’app spetta agli Stati e alle ‘lenti’ che utilizzano per interpretare un mondo in cui i rischi sono sempre meno tangibili rispetto al passato.

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