top of page

Un muro di sabbia per il Western Sahara

DI GIORGIA DEGLI ESPOSTI

02/03/2023

I muri continuano a dividere il mondo, e lo fanno con cemento, filo spinato, torri di guardia, e qualche volta anche con la sabbia. Oggi parliamo di uno dei muri più lunghi al mondo, quello del Sahara Occidentale, detto anche Berm: costruito in sabbia e pietra, lungo 2720 km, attraversa il territorio del Sahara Occidentale da nord a sud, dividendolo in due zone, quella est controllata dal Fronte Polisario, e quella ovest sotto controllo marocchino. È 16 volte più lungo del muro di Berlino, presidiato da 100.000 soldati e cosparso di mine anti uomo. Viene considerato tra le barriere militari più funzionali al mondo.

A questo punto però le domande che sorgono sono tante: perché questo muro è stato eretto? Cosa accade da tempo in Sahara Occidentale?

Facciamo un piccolo passo indietro.


Una storia turbolenta

Il Sahara Occidentale (o Western Sahara) è il territorio che rappresenta il confine ovest del deserto del Sahara, posizionato di fronte alle Isole Canarie, confinante con Oceano Atlantico, Marocco, Algeria e Mauritania. Si tratta di un’area semi-desertica che ha attirato per lungo tempo forti interessi coloniali principalmente per il suo affaccio sull’Oceano, che rende il territorio ricchissimo di pesca, e per i suoi giacimenti minerari di fosfati. Viene spesso considerata l’ultima frontiera della decolonizzazione africana.

La popolazione del Sahara Occidentale ha origine dai beduini di lingua araba che fondarono nel XIII secolo quella che oggi chiamiamo popolazione sahrawi. Le prime colonizzazioni del territorio risalgono al XV secolo, quando la Spagna iniziò ad interessarsene. Arriverà ad ottenere su di esso una vera e propria influenza solo nel 1884, quando stabilì un primo protettorato sulla costa meridionale, il Río de Oro, per poi espandersi nei decenni successivi ai territori dell’entroterra, occupati integralmente solo nel 1934. Dal 1958 al 1975, è rimasta provincia metropolitana della Spagna, sotto il nome di Sahara Spagnolo. Intanto, il Sahara Occidentale è tornato nel mirino del Marocco quando, a partire dalla sua indipendenza il 2 marzo 1956, si è andata diffondendo l’idea di assorbire come parte del territorio nazionale anche la regione saharawi, secondo il disegno di un “Grande Marocco”. Le rivendicazioni territoriali marocchine si sono inasprite con pressioni sulla Spagna per la cessione della provincia, verso la quale anche la Mauritania mostrava interesse.

I primi movimenti di resistenza al colonialismo sorsero negli anni ’60, quando Mohamed Bassiri fondò il primo fronte di liberazione, MLS. Successivamente nel 1973 nacque il Frente Popular para la Liberación de Saguia el-Hamra y Río de Oro, detto Frente Polisario, gruppo armato che continua ancora a oggi a rappresentare la popolazione sahrawi.

Sempre a partire dagli anni ‘60, la disputa iniziò ad attrarre l’attenzione delle Nazioni Unite, le quali chiesero alla Spagna, tramite l’Assemblea Generale, che questa facilitasse il processo di indipendenza del territorio, portandolo ad una piena liberazione dall’occupazione coloniale. Questa procedura doveva prevedere, tra le altre cose, l’organizzazione di un referendum che permettesse la piena autodeterminazione della popolazione, rimasto ancora oggi solamente una promessa.

Fondamentale sarà poi la decisione dell’ONU di rivolgersi alla Corte Internazionale di Giustizia, nel tentativo di derimere la controversia e stabilire se le rivendicazioni avanzate dal Marocco fossero in qualche misura legittime. Nel 1975 la Corte Internazionale di Giustizia, e di conseguenza anche l’ONU, riconobbero formalmente il diritto inalienabile all’autodeterminazione e all’indipendenza della regione, contro ogni mira espansionistica marocchina e mauritana.

Il 1975 è stato un anno decisivo: la Spagna, sebbene le Nazioni Unite avessero suggerito una condotta differente, siglò l’Accordo di Madrid con Marocco e Mauritania, con il quale il territorio sahrawi veniva spartito in tre aree di influenza. La conseguenza fu la penetrazione della Mauritania nel Rio de Oro e quella del Marocco nella regione di Saguia el-Hamra. È in questa fase che si assiste alla cosiddetta Marcia Verde, ovvero il superamento pacifico del 27° parallelo da parte di 350.000 volontari marocchini, a simboleggiare la definitiva cacciata della Spagna dal territorio. Viene ricordata e celebrata ogni anno in Marocco come simbolo dell’unificazione nazionale raggiunta in quegli anni, mentre il Fronte Polisario vi legge un ennesimo atto di colonizzazione ai danni del territorio sahrawi. La conseguenza di questa nuova occupazione fu un enorme esodo della popolazione autoctona verso l’Algeria, da sempre principale alleata del Fronte Polisario nella lotta all’occupazione. Fu proprio dai territori dell’Algeria che il fronte di liberazione nel 1976, in esilio, proclamò la nascita della RASD, Repubblica Araba Sahrawi Democratica, dando inizio al conflitto che si protrae ancora oggi, con il Fronte Polisario che combatte per la liberazione del Sahara Occidentale. Intanto nel 1979 la Mauritania si ritirò, firmando un accordo con il Fronte e uscendo di fatto dalla guerra; ben presto però questi territori liberati vennero occupati dal Marocco.


Ma quindi, il muro?

Facciamo il punto della situazione. Il conflitto che prese avvio a partire da questi anni, e che ancora oggi è in corso, può essere semplificato, sebbene in modo non del tutto esaustivo, con la seguente contrapposizione: la popolazione del Western Sahara reclama la sua indipendenza, il Marocco il suo diritto al controllo della regione, che oggi considera come parte del territorio nazionale, sulla base di un legame storico che lo unirebbe alle tribù sahrawi. De facto, oggi il Sahara Occidentale risulta diviso in due aree, quella est sotto influenza del Fronte Polisario, e quella ovest sotto controllo marocchino (che ad oggi rappresenta circa l’80% dell’intera regione). Ed ecco che entra in gioco il nostro muro di sabbia. A partire dall’agosto 1980, il Marocco iniziò la costruzione della barriera che ancora oggi taglia da nord a sud questo lembo di terra. Venne completata nel 1987, e le fasi di costruzione del muro furono 6, in ognuna delle quali il confine tra le due aree veniva rivisto in favore del Marocco. Lo scopo fondamentale di questa costruzione era, ed è tutt’oggi, sancire la divisione tra le due aree di occupazione e rendere inaccessibile alla popolazione sahrawi la regione più ricca del paese, quella costiera, che, trovandosi ad ovest, rimane infatti sotto controllo del Marocco.


L’ONU e la missione MINURSO

Nel 1991 l’ONU istituisce la missione di peacekeeping United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO), a sostegno del referendum con il quale il popolo sahrawi avrebbe potuto scegliere liberamente se rendersi indipendente o essere annesso al Marocco. Si stabiliva il cessate il fuoco, e la necessità di ridurre la presenza di truppe straniere sul territorio. L’ONU si incaricava del controllo della regione, soprattutto sullo svolgimento regolare e libero del referendum e sul rispetto del cessate il fuoco, che entrò in vigore il 6 settembre 1991. Attorno al Berm si stabilì una buffer zone (area cuscinetto). Nel novembre 2020, è terminato l’accordo di cessate il fuoco tra Fronte Polisario e Marocco, con una conseguente nuova escalation del conflitto.


Una fotografia del Sahara oggi

Attualmente la popolazione sahrawi vive in gran parte in territorio algerino, dove si contano 150mila profughi, contro 35mila persone rimaste ad abitare la zona est liberata dal Fronte Polisario. Il Marocco è stato spesso criticato da associazioni per la difesa dei diritti umani per la sua condotta nei territori occupati, per la limitata libertà di espressione e di associazione, e soprattutto per la violenza perpetrata contro gli attivisti del Polisario. Le Nazioni Unite hanno classificato la regione come non-self-governing territory, ovvero non in grado di governarsi autonomamente, necessitando quindi dell’intervento ONU. Il mandato della missione MINURSO è infatti stato prorogato fino al 31 ottobre 2023.

Freedom House, organizzazione che si occupa di studiare la diffusione della democrazia e dei diritti umani nel mondo, ha conteggiato il global freedom score del Sahara Occidentale come 4/100, classificandolo come paese non libero.

Attualmente la Repubblica Araba Sahrawi Democratica è stata riconosciuta da 87 paesi, tra i quali non figurano i paesi dell’Unione Europea, così come non vi è stato alcun riconoscimento da parte dell’ONU.


https://www.archiviodisarmo.it/view/pydzLhKqKG932Dc67pcO3UCMUUdHI-5RGBXhz2U0mMU/2003-11-12-romano.pdf

https://freedomhouse.org/country/western-sahara/freedom-world/2022

https://www.reuters.com/article/us-sahara-polisario-idUSL2163728820080104

http://removethewall.org/the-wall/construction-of-the-moroccan-walls/

Related Articles

Esseri umani, armi ibride e muri

Afghanistan: tra aiuti umanitari e riconoscimento internazionale

In Africa, il Corno non è sempre dell'Africa

In Africa, il Corno non è sempre dell'Africa

In Africa, il Corno non è sempre dell'Africa

Afghanistan: tra aiuti umanitari e riconoscimento internazionale

Afghanistan: tra aiuti umanitari e riconoscimento internazionale
bottom of page