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Il potere della religione in America Latina

DI CARMEN IACOPINO

13/10/2020

In che modo la religione e la politica sono concatenate tra loro in Sud America? L'epidemia di Covid-19 ha influito sulla fede dei sudamericani? Qual è la storia, ormai più che centenaria, su cui si basa la contesa del subcontinente da parte degli Stati Uniti e del Vaticano? Infine, perchè si può affermare che il caso dell'America Latina è emblematico dal punto di vista geopolitico? Tutte queste tematiche sono trattate da Carmen Iacopino, vincitrice per la sezione America Latina del concorso indetto da Orizzonti Politici durante il workshop “Scrivere nell’era della post-verità”, tenutosi all’interno dell’Hikma Summit of International Relations 2020.

Nella “cattolicissima” America Latina qualcosa sta cambiando. Religious switching: così il Pew Research Centre definisce la dinamica religiosa in atto in Sud America. Sebbene questo territorio continui a rappresentare il 40% della popolazione cattolica mondiale e per la prima volta nella storia del Vaticano il Papa abbia origini sudamericane, non solo il numero dei fedeli cattolici è in calo, ma a questa flessione si contrappone la crescita di conversioni evangeliche e ateismo. Apparentemente questo trend può sembrare solo una “questione privata”. In realtà, esso conduce a una più attenta riflessione sul potere della religione in America Latina.


Religione in politica: ieri…

La prima evangelizzazione in America Latina si compie con il colonialismo iberico del XV-XVI secolo. Nelle colonie dei Regni di Castiglia e Portogallo, la missione della reconquista prende la forma di una conversione di massa al cristianesimo cattolico. È importante in primo luogo ricordare che all’epoca della conquista iberica del Nuovo mondo la Chiesa protestante deve ancora nascere. Se tradizionalmente si individua nel 1517 l’anno della Riforma luterana, già nel 1493 Papa Alessandro VI con la sua Inter caetera legittimava le conquiste iberiche in Sud America e spartiva i territori tra spagnoli e portoghesi. Ma soprattutto è cruciale considerare il rapporto instauratosi tra potere religioso e temporale in questa conquista, che rimarrà in eredità nei secoli successivi. Come indica una pubblicazione dell’Istituto superiore di scienze religiose di Milano, è infatti la dottrina dell’agostinismo politico a dettare i rapporti di forza: è al Papa – e dunque alla Chiesa di Roma – che viene riconosciuto il potere politico supremo.


… e oggi

Se è vero che da un lato oggi si registra un ateismo mediamente in crescita, dall’altro è innegabile che la religione continui a giocare un ruolo di primo piano nel subcontinente. Un report del Pew Research Center mette in luce proprio questo fatto. Ad esempio, l’opinione sondata dei latino-americani è strettamente divisa sul ruolo che i leader religiosi dovrebbero svolgere in politica. Su 18 dei Paesi coinvolti nella statistica, in 10 di questi prevale la convinzione che la religione debba influenzare la politica. Un’altra domanda che porta a una forte polarizzazione dell’opinione pubblica è se i governi debbano promuovere politiche vicine alle credenze e ai valori religiosi. Un riscontro pratico di queste tendenze si ha considerando le reazioni degli Stati dell’America Latina alla pandemia da Covid-19. Il ricorso alla fede – in risposta al virus – non ha animato solamente il messaggio di speranza diffuso dalle Chiese. È stato anche parte integrante dell’approccio politico, chiamato a definire una linea strategica d’intervento.


Religione al potere: Covid-19 e fede

Dallo scoppio della pandemia, infatti, si sono susseguiti diversi interventi da parte delle autorità locali, tutti accomunati dal richiamo alla fede e all’appello di Dio. In Paraguay, per esempio, il presidente Benitez ha invitato attraverso i social le famiglie in quarantena a “non dimenticare la sfera spirituale”, sicuro che “il potere della preghiera proteggerà la nazione”. Ma anche in Argentina, il nuovo presidente Fernández ha insistito per un incontro con i “curas villeros”, i “preti di strada”, considerati figure di riferimento nei quartieri periferici del Paese. O ancora, persino in Uruguay, il Paese con il più forte attaccamento al principio di laicità, il presidente Lacalle Pou ha partecipato ad una preghiera interreligiosa per la patria, sottolineando che “tutte le iniziative a favore della nazione sono le benvenute – religiose, laiche, tutte”. Da ultimo, si può ricordare anche la giornata di preghiera nazionale decretata dal presidente del Brasile Bolsonaro, “un giorno di digiuno e preghiera per coloro che hanno fede [per] liberare il Brasile da questo male”.


Religione in America Latina: ben più di una questione privata

Da un lato, dunque, c’è l’incapacità di alcuni Stati latinoamericani nel fronteggiare la crisi. Dall’altro, attesta quell’ambigua relazione tra potere politico e religione, che si rintraccia – ancora oggi – nel subcontinente. Riscontrare zone grigie tra una professione di fede e una linea politica ha implicazioni più profonde di quanto possa sembrare in prima battuta. Per comprendere la portata di questa affermazione, si consideri che la fede – categorizzata a “questione privata” dalla modernità occidentale – può in realtà rivelarsi una determinante d’influenza geopolitica non indifferente e, in questo senso, il caso dell’America Latina è emblematico. La Chiesa evangelica sta raccogliendo sempre più proseliti a scapito di quella cattolica e questa ascesa è dirompente perché mina all’egemonia secolare del cattolicesimo. Dietro quello che potrebbe apparire come un semplice risveglio spirituale del protestantesimo ci sarebbe un disegno strategico – secondo il Vaticano – targato Usa.


L’America Latina tra Usa e Città del Vaticano

In questo particolare momento storico, dove coesistono il pontificato di Papa Bergoglio e la presidenza negli Stati Uniti di Trump, non mancano divergenze tra Vaticano e Usa. Una relazione travagliata tra queste due potenze non è in realtà una novità: sul fronte sudamericano il contrasto inizia almeno un secolo fa. Da un lato infatti, già nel 1912, il presidente Usa Theodore Roosevelt affermava che “[a suo] giudizio, finché [i] Paesi [del Sud America] rimarranno cattolici, la loro assimilazione agli Stati Uniti sarà un compito lungo e difficile”. Dall’altro, quasi cent’anni dopo, la Chiesa di Roma rispondeva che “forse si deve osservare […] che gli Stati Uniti promuovono ampiamente la protestantizzazione dell’America Latina e quindi il dissolvimento della Chiesa cattolica ad opera di forme di Chiese libere, per la convinzione che la Chiesa cattolica non potrebbe garantire un sistema politico e economico stabile”.


Le due potenze in un contesto rinnovato

Vero è che i tempi sono cambiati e sarebbe impropriamente anacronistico considerare la questione negli stessi termini del secolo scorso. L’interesse e la strategia d’influenza statunitense in America Latina durante la Guerra fredda fanno parte del passato. Eppure, la sfida per l’egemonia nell’ordine mondiale è ancora attuale ed è in questo contesto che va inserito il rapporto Usa-Vaticano. L’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi oppure l’intenso dialogo con i principali rappresentanti dell’Islam sunnita rendono Papa Bergoglio una figura molto scomoda per l’agenda politica statunitense. Di contro, l’elezione di un Papa di nazionalità argentina attesta un tentativo di riaffermazione della Chiesa di Roma nella sua egemonia secolare in America Latina.

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