Cosa dobbiamo aspettarci dal 2024?
DI PAOLA MIGLIORISI
09/12/2023
Lo scorso agosto a Johannesburg si è tenuto il vertice del gruppo Brics, in vista di un allargamento previsto per gennaio 2024. Si tratterebbe dell’ingresso di sei paesi che consentirebbe l’ampliamento di una politica che si dice alternativa a quella d’influenza americana. Il nuovo anno prevede diversi eventi che potrebbero mettere a dura prova queste ambizioni e sbilanciare l’assetto odierno del quadro internazionale.
Circa 35 anni dopo la nascita del G7, gruppo intergovernativo delle maggiori potenze economiche dell’epoca, nel 2009 si forma un altro gruppo di carattere economico internazionale con il nome di Bric, a cui l’anno successivo si aggiunge il Sud Africa. I nuovi Brics iniziano a fronteggiare lo schieramento occidentale, ritagliandosi una parte sempre più importante del quadro economico mondiale. Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa erano ritenuti dei paesi in via di sviluppo la cui economia iniziava ad assumere dei tratti particolarmente simili e cresceva in un’ottica di distacco dall’egemonia del sistema americano. Il nome Brics fu coniato per la prima volta dall’economista Jim O'Neill, il quale individuava questi paesi come le future economie che avrebbero dominato in maniera collettiva la scena globale entro il 2050. Il loro obiettivo principale è offrire una governance alternativa dell’ordine economico internazionale, che prenda in considerazione anche gli interessi del sud globale e rispecchi gli attuali equilibri mondiali.
Stando ai dati del FMI, questa previsione inizia ad assumere concretezza: nel 2022, a parità del potere d’acquisto, i Brics hanno totalizzato un prodotto interno lordo mondiale pari a 31,5%, rispetto al 14,5% dell’UE e il 30,3% dei membri del G7. La repentina ascesa dei paesi del Brics potrebbe quindi essere in grado di porsi con tono di sfida nei confronti dei grandi dell’Occidente: la loro crescita economica sta portando attori come la Cina e l’India ad accrescere anche la loro importanza internazionale. In particolare, la costruzione di diversi accordi commerciali bilaterali alimentano la crescita e la competizione con gli Stati Uniti. Tuttavia, si è ancora lontani da un superamento del colosso americano sulla base del totale degli scambi commerciali e, inevitabilmente, anche le economie più forti dei Brics sono ancora legate alla sua influenza.
Il 2024 però si aprirà con una novità da non sottovalutare: dal primo gennaio i Brics si allargheranno ad altri sei membri, quali Iran, Arabia Saudita, Egitto, Argentina, Emirati Arabi ed Etiopia. La questione dell’allargamento è stata maggiormente discussa durante il vertice a Johannesburg nell’agosto scorso, ritenuto da molti tra i più importanti svolti sin dalla nascita del gruppo stesso. Secondo alcune opinioni questo è un punto fondamentale per la Cina che ha, più di tutti, l’obiettivo di strumentalizzare la cooperazione ai fini di ingrandire la propria influenza economica in maniera primeggiante.
Il FMI ha delle previsioni di crescita importanti dal punto di vista economico: con l’ingresso dei nuovi arrivati il gruppo Brics totalizzerà il 37,7% del prodotto interno lordo mondiale (sempre a parità del potere d’acquisto) per arrivare al 38,5% nel 2028. Parallelamente, nello stesso anno si dovrebbe registrare un calo sul fronte occidentale: 13,7% per l’Ue e 27,7% per il gruppo G7.
Se si prevede una forte prosperità sul piano economico, sul piano politico si avranno delle sfide più insidiose da affrontare. Per essere del tutto realizzate, le ambizioni dei Brics(+), devono essere accompagnate da un allineamento politico comune che finora sembra molto lontano.
Seppur ci siano stati dei tentativi di vicinanza tra i membri, questi hanno trascorsi storici, posizioni geografiche e interessi politici molto diversi e a volte discordanti. Ci troviamo anche in un momento particolarmente delicato per i posizionamenti internazionali dei singoli stati: le maggiori crisi più recenti dividono sia i “nuovi” che i “vecchi” Brics. Tra queste, è cruciale la posizione sugli eventi in Ucraina, in cui c’è stata una forte dissonanza tra India e Cina sulla condanna a Putin; e ancora le posizioni dei paesi arabi, e non, sui recenti attacchi a Israele.
I prevedibili diversi schieramenti riguardano anche le posizioni rispetto la politica interna: i continui cambiamenti politici dei sei paesi entranti, potrebbero mettere in una situazione ambigua gli obiettivi posti dalla natura stessa del gruppo. Nonostante sia ancora presto per fare delle previsioni certe, la nuova leadership argentina di Javier Milei ha ritirato il paese dall’ingresso ai Brics. Il neoeletto presidente sembra strizzare l’occhio a Washington, con la proposta di dollarizzare l’economia argentina: punto in netto contrasto con l’auspicio che lo stesso Lula, presidente brasiliano, propose al vertice di agosto. Auspicava, infatti, l’introduzione di una moneta unica per il blocco Brics, che potesse contrapporsi allo strapotere del dollaro americano.
All'indomani della sua vittoria elettorale, Milei ha dichiarato di volersi ritirare dalle dinamiche dei paesi Brics, tanto da rifiutare l’invito a Johannesburg l’agosto scorso. Contemporaneamente la sua campagna elettorale affermava di trovare la soluzione ai problemi economici del paese abbracciando l’economia americana. La sua posizione potrebbe rappresentare un freno all’influenza cinese nell’area Sudamericana; dall’altra parte le esperienze di Equador e El Salvador non pongono delle garanzie alla soluzione proposta. Le due economie hanno adottato il dollaro rispettivamente nel 2000 e nel 2001, ritrovandosi comunque in una situazione economicamente disastrosa. Allo stesso tempo, a confutare l’eliminazione certa della Cina, con questa presa di posizione occidentale, è il fatto che l’Ecuador abbia anche chiesto dei prestiti a Pechino.
Milei non ha ancora chiarito quale sarà il suo posizionamento definitivo, in un contesto in cui l’Argentina sembra posta davanti ad un bivio: da una parte l’economia americana e l’influenza occidentale, dall’altra la possibilità di trovare un alternativo schieramento insieme ad altri paesi sempre più emergenti.
Questi elementi, tutti nuovi, renderanno ancora più interessanti le dinamiche future che attraverseranno i Brics. Ma in questo assetto internazionale, in cui diventa sempre più difficile separare gli interessi economici da quelli geopolitici, anche sul fronte occidentale si prospetta un 2024 molto dinamico.
Sarà l’anno di importanti elezioni, alcune delle quali possono avere una maggiore influenza anche sul nostro paese: le elezioni europee tra il 6 e il 9 giugno 2024, le presidenziali negli Stati Uniti il 5 novembre 2024 e le previste elezioni politiche nel Regno Unito nel prossimo autunno 2024. Tenendo in considerazione la sfida lanciata dai Brics, è altrettanto importante per l’Occidente tenere le proprie alleanze ben salde. Anche in questo caso gli episodi internazionali hanno messo in crisi il loro allineamento, che a tratti non sembra essere poi così compatto. Se da una parte la guerra in Ucraina ha messo d’accordo più o meno tutti e più o meno allo stesso modo i paesi occidentali, gli sviluppi in Israele li dividono su alcuni punti.
Altrettanto difficili si mostrano le dinamiche interne: pensiamo all’ondata di governi poco europeisti che sta affrontando il blocco dell’Unione Europea, a ridosso proprio delle elezioni.
Anche per il Regno Unito è un momento molto delicato, in cui le difficoltà poste dalla Brexit, una quasi inesistente crescita economica e l’insoddisfazione dell’opinione pubblica sul governo, mettono in crisi l’elettorato. I sondaggi, infatti, segnano un vantaggio dei labouristi rispetto ai conservatori, in carica dal 2010.
Senza alcun dubbio le presidenziali negli Stati Uniti saranno le elezioni più attese a livello mondiale, in cui al momento si prevede un testa a testa fra Joe Biden e Donald Trump. Ma non è da escludere che quest’ultimo possa sfidarsi con un nuovo candidato repubblicano, Ron De Santis. Infatti, se per i democratici Biden sembra già essere il favorito, all’interno del GOP c’è ancora incertezza.
La partita si giocherà su quanto gli stati maggiormente influenti nel contesto mondiale saranno in grado di portare avanti i loro interessi in maniera parallela all’allineamento geopolitico. In questo senso l’anno 2024 sarà particolarmente interessante da analizzare, in modo da comprendere se i cambiamenti di leadership porteranno le ambizioni dei nuovi attori politici mondiali a tenere testa a quelli già affermati. C’è un altro punto da sottolineare: in uno scenario in cui molti aspetti governativi di alcuni paesi dei Brics rintracciano elementi poco democratici, in che modo ci si può aspettare che la loro influenza impatti sugli equilibri geopolitici mondiali? Ovvero, avendo un margine d’azione maggiore rispetto alle leadership democratiche, potrebbero essere in grado di attuare politiche estere più aggressive?
Fonti:
https://www.treccani.it/magazine/atlante/geopolitica/I_BRICS_verso_allargamento.html
https://scenarieconomici.it/g7-vs-brics-ecco-nel-tempo-levoluzione-del-sorpasso/