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Cosa possiamo aspettarci dalle riforme economiche in Egitto?

DI GIANMARCO VILLANI

29/03/2023

Il governo egiziano ha dato il via ad un massiccio programma di riforme del sistema economico che potrebbe cambiare il volto del Paese agli occhi degli investitori di tutto il mondo. Ma si tratta di un percorso tutt’altro che facile: per poter portare a termine questo piano, il presidente Al-Sisi deve ristrutturare un’economia cui lui stesso ha contribuito a dar forma.

La Banca Mondiale (BM) ed il Fondo Monetario Internazionale (FMI) sono le due maggiori istituzioni di politica monetaria internazionale al mondo. Tra le principali attività di queste due istituzioni ci sono gli Structural Adjustments Programs (SAP), che consistono in programmi di riforme dell’economia di uno o più paesi, finanziati attraverso prestiti erogati dalla BM e dal FMI. In altre parole, le due istituzioni offrono prestiti agli stati, a condizione che questi implementino delle riforme strutturali alla loro economia che la rendano più stabile, forte e competitiva sul mercato mondiale. In genere, le riforme che vengono richieste ai Paesi come condizione per accedere a questi prestiti includono operazioni di privatizzazione, liberalizzazione dell’economia e apertura al mercato estero.

Nel corso del tempo, la BM e il FMI hanno cominciato a sviluppare lo strumento dei SAP come mezzo di democratizzazione dei paesi con regimi autoritari, soprattutto in America Latina e nella zona del Maghreb e Mashreq. L’intenzione è quella di spingere i regimi a adottare delle riforme che portino alla liberalizzazione dell’economia, con la prospettiva che ciò ponga le basi per una progressiva liberalizzazione del regime politico e culmini nella fine dell’autoritarismo. I risultati, tuttavia, sono stati spesso eterogenei.


Il 27 ottobre 2022, il FMI e il governo dell’Egitto hanno annunciato un accordo per un SAP, i cui termini e condizioni sono stati resi pubblici solo nel gennaio 2023 in un reportche elenca le riforme a cui il governo del Cairo si è impegnato in cambio del prestito da 3 miliardi di dollari. Tra le più importanti, il passaggio a un regime di cambio flessibile, una politica monetaria orientata alla riduzione dell’inflazione (che nel 2021 si attestava intorno al 5,2%), un regime fiscale di austerity e un minor intervento dello Stato nell’economia. Il fine ultimo è, secondo il report del FMI, quello di ottenere maggiore stabilità macroeconomica avviando il Paese verso una crescita guidata dal settore privato.


La specificità di questo Programma è che, a differenza dei precedenti tre prestiti erogati all’Egitto tra il 2016 ed il 2022, le condizioni negoziate dal Fondo si applicano anche alle imprese controllate, in tutto o in parte, dalle forze militari egiziane. Dall’arrivo dell’attuale presidente Abdel Fattah Al-Sisi, già capo delle forze armate, il settore imprenditoriale sotto il controllo militare è cresciuto esponenzialmente, arrivando ad occupare una posizione importante nella produzione interna egiziana. Queste aziende godono di privilegi fiscali che le rendono più competitive sul mercato egiziano, come l’esenzione dall’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) introdotta da un precedente SAP. Questi privilegi si applicherebbero a tutte le imprese controllate dallo Stato o dalle forze armate, indipendentemente dal fatto che queste servano un fine pubblico o meno: secondo Reuters, ad esempio, l’hotel Al-Masah del Cairo non addebiterebbe l’IVA sulle transazioni dei suoi clienti. Questi vantaggi, secondo le istituzioni di Bretton Woods, spaventerebbero gli investitori esteri e disincentiverebbero gli imprenditori egiziani, mettendo in difficoltà il settore privato, appesantito dall’intervento, più o meno diretto, dello Stato.


Il ruolo del settore militare nell’economia egiziana, non solo non è mai stato messo in discussione dai precedenti piani di riforma, ma non è neppure mai stato menzionato fino al report del FMI di luglio 2021. Il programma annunciato a ottobre 2022 colpisce per la prima volta le imprese controllate anche parzialmente dallo Stato, riducendone i privilegi fiscali e sottoponendole a un più stretto regime di trasparenza. Nel febbraio 2023, il governo di Al-Sisi ha annunciato la parziale privatizzazione di 32 compagnie controllate dallo Stato attraverso la vendita di azioni di mercato entro un anno, arrivando a vendere asset per 4,6 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2023/24 più altri 1,8 miliardi nell’anno fiscale 2024/25. Una fonte vicina al governo avrebbe, però, riferito a Mada Masr che queste cifre sono difficilmente raggiungibili nelle scadenze annunciate, sia per via della resistenza militare alle privatizzazioni, sia per via della scarsa appetibilità degli asset egiziani sul mercato interno ed estero. Infatti, le imprese di proprietà delle forze armate starebbero registrando, secondo il report del FMI di luglio 2021, “performance scarse, mentre alcune beneficiano di un campo da gioco impari”. Le imprese di controllo militare sono agevolate sotto più di un punto di vista, ed uno dei privilegi che sembra non gli verrà sottratto è quello di aggiudicarsi appalti senza bandi di gara, in modo abbastanza discrezionale.


Il motivo per cui è difficile aspettarsi che i SAP del FMI portino ai risultati auspicati nel campo delle imprese controllate dalle forze militari  è che queste non occupano una posizione di forza solo nell’economia, ma anche nella politica egiziana. Molti rappresentanti nel parlamento sono nominati direttamente dall’area militare e dalle forze di intelligence, che quindi vedono i loro interessi economici rappresentati nell’arco parlamentare e possono contare su una solida opposizione al passaggio delle riforme accordate con il FMI. La sfida che deve affrontare il governo di Al-Sisi è quindi quella di trovare un compromesso che gli permetta di implementare tutte le riforme annunciate dal FMI per ottenere il prestito del SAP, aprire l’economia egiziana ad investitori esteri (principalmente di altri paesi arabi), mantenendo al contempo il supporto della sua ala militare e rispettando le scadenze e le condizioni delle istituzioni finanziarie internazionali, che non erano mai state così stringenti.

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