top of page

Taiwan a un mese dal voto: in che direzione andiamo?

DI MIRIAM SEMERARO

25/02/2024

Nell’anno in cui più di metà della popolazione mondiale è chiamata alle urne, tra le elezioni più attese c’erano sicuramente quelle di Taiwan. A poco più di un mese dalla tornata elettorale, è importante analizzare l’impatto di questo cambio di presidenza in termini di opinione pubblica, sia domestica che estera.

ELEZIONI E RISULTATI

Lo scorso 13 gennaio Lai Ching-te, candidato del Partito Progressista Democratico (DPP), ha vinto le elezioni presidenziali di Taiwan. Al contrario, alle legislative è stato il Guomindang (GMD) – principale partito di opposizione – ad ottenere la maggioranza relativa dei seggi, scalzando il DPP che la deteneva dal 2016. È sempre il Guomindang ad ottenere la nomina di Han Kuo-yu (GMD) come speaker dello Yuan legislativo (parlamento unicamerale di Taiwan) insediatosi il 1° febbraio.

Nel tradizionale testa a testa tra il DPP e il GMD, che in queste presidenziali conquistano rispettivamente il 40,2% e il 33% dei voti, è il 26% del Taiwan People’s Party (TPP) a rappresentare un significativo elemento di novità. Il TPP si fa strada proponendosi come “terza via pragmatica e anti ideologica” e sfugge alle questioni identitarie per concentrarsi su temi più concreti che gli sono valsi il supporto dei più giovani. Se il Guomindang di oggi ha un approccio più conciliatorio nei confronti della Cina, prendendo in considerazione il dialogo per ridurre le tensioni sullo stretto, all’opposto dello spettro politico c’è il Partito Progressista Democratico di centrosinistra e filo-indipendentista. Lai ha ammorbidito le proprie dichiarazioni pubbliche sulle rivendicazioni indipendentiste per rassicurare l’elettorato raccogliendo l’eredità centrista della ex presidente Tsai Ing-wen. Il DPP, infatti, forte della propria identità nazionale e del suo scetticismo verso Pechino, si ritiene indipendente dalla RPC de facto, senza la necessità di una dichiarazione informale. Si richiama piuttosto alla cosiddetta “teoria dei due Stati” – da non confondere con la formula “un Paese, due sistemi” (l’attuale status di Hong Kong) accolta dal Guomindang, che sostiene l’esistenza di due entità separate agli estremi dello Stretto, ma con una reciproca tolleranza in attesa di una soluzione futura.


RISONANZA E RILEVANZA DEGLI ESITI ELETTORALI

Le elezioni di Taiwan, però, non sono state solo di Taiwan: è evidente che lo status politico dell’isola desti preoccupazione, oltre che alla Cina, agli Stati Uniti, che hanno proiettato le proprie speranze geopolitiche sugli esiti di questa tornata elettorale. In senso più ampio, Taiwan domina la produzione mondiale di Microchip, una componente imprescindibile per il settore militare, ma anche per lo sviluppo del settore high tech.

In primo luogo, gli Stati Uniti non avevano espresso preferenze sui possibili outcome di queste elezioni, in quanto tutti e tre i partiti sostenevano di voler preservare lo status quo, senza pendere verso una dichiarazione formale di indipendenza, tantomeno verso una (ri)unificazione con la RPC – seppur con diverse sfumature interpretative – e ciò era in linea con le prospettive di Washington. La vittoria di Lai Ching-te è stata accolta positivamente dal Segretario di Stato Antony Blinken, che si è congratulato con il “dottore” e con il popolo taiwanese «per aver partecipato a elezioni libere ed eque, dimostrando la forza del suo sistema democratico». Anche Mike Johnson, speaker della Camera dei Rappresentanti, si è detto impaziente di lavorare col presidente neoeletto Lai e di continuare con la partnership già costruita con la presidente Tsai. Gli Stati Uniti d’altronde continuano con cautela sulla linea dell’ambiguità strategica, riconoscendo la crucialità delle proprie relazioni con Taiwan e supportandone l’autonomia ma non l’indipendenza formale, e invitano al dialogo pacifico Taipei e Pechino. Altra ragione per cui Lai rappresenta una garanzia per gli USA è la figura che ha scelto come vice-presidente: Hsiao Bi-khim, ex rappresentante di Taipei negli Stati Uniti, la prima a essere invitata dopo oltre quaranta anni all’inaugurazione presidenziale di Biden. Oltre ai messaggi, ulteriore segnale di supporto alla democrazia taiwanese è stato l’invio a Taipei di una delegazione americana di ex alti ufficiali subito dopo il voto, in vista dell’insediamento di Lai il prossimo 20 maggio, data entro la quale ci si aspetta che Pechino eserciti ulteriori pressioni su Taiwan.


Accanto alle strategie economiche e militari, la Cina può muoversi anche sul fronte diplomatico. È ciò che è avvenuto a soli due giorni dal voto con Nauru (un piccolo Stato oceanico), che a seguito di un irrifiutabile proposta dalla RPC ha in interrotto le relazioni diplomatiche ufficiali con Taipei, rimasta ora con soli dodici Paesi al mondo a riconoscerla ufficialmente. Si collocano sempre sul versante diplomatico le dichiarazioni critiche in risposta alla visita a Taiwan delle delegazioni statunitensi, giapponesi ed europee post elezioni. Allo stesso modo, Pechino non ha visto di buon occhio le congratulazioni a Lai da parte delle Filippine, in risposta alle quali ha rimarcato ancora una volta il ‘One China principle’ sulla cosiddetta ‘provincia ribelle’. Xi Jinping ha affermato in passato che la questione di Taiwan ‘non può essere rimandata di generazione in generazione’ – è importante tenere a mente che nel 2027 si terrà il XXI Congresso del PCC. Ad ogni modo la vittoria di Lai – considerato ‘il candidato secessionista – non ha colto di sorpresa l’establishment cinese. Anzi, la classe politica cinese può intravedere uno spiraglio nell’assenza di una maggioranza assoluta nello Yuan così come nella discrepanza tra il colore politico del Presidente e la maggioranza dell’assemblea, nella speranza che le divisioni interne possano condurre all’’inarrestabile riunificazione pacifica’ nel lungo periodo.


Ma come hanno vissuto queste elezioni nazionali i taiwanesi? Di fatto, a Taiwan non si è votato per la pace o la guerra (a differenza di quanto sosteneva il candidato del GMD), tantomeno per l’autocrazia o la democrazia (come sosteneva il candidato del DPP). La vittoria di Lai Chin-te è conseguenza di una serie di fattori interni e contingenti ai quali la popolazione taiwanese ha deciso di rispondere riorientandosi in senso pragmatico. A differenza del resto del mondo, a Taipei non si è percepita la decisività di queste elezioni, poiché la popolazione non teme un conflitto imminente e ha interiorizzato la tensione che incombe sull’isola. Sebbene si sia discusso anche delle tematiche identitarie e le relazioni intrastretto, ciò ha assunto una rilevanza marginale in sede di voto, vedendo gli elettori più focalizzati su temi tangibili e interni quali i prezzi delle case, l’occupazione – soprattutto giovanile –, la dipendenza energetica, la sicurezza, i diritti civili e la pena di morte.


IN CHE DIREZIONE ANDIAMO? PROSPETTIVE E SCENARI FUTURI

In conclusione, queste elezioni sono state e saranno ancora sotto i riflettori mondiali per molto tempo, seppure siano solo un piccolo tassello in quadro ben più complesso. Taiwan si è dimostrata essere una democrazia matura e stabile, ma quali saranno le prime mosse di Lai da Presidente? Nel suo discorso della vittoria ha affermato che il DPP intende assicurare la pace e la stabilità dello Stretto aprendo al dialogo con la Cina secondo i principi di ‘dignità e parità’. Oltre a pressioni di tipo diplomatico, economico e militare, la questione taiwanese si gioca sul piano dialettico, in un’oculata scelta lessicale per non rischiare che la Cina possa intravedere nei propri interlocutori una minaccia alla propria integrità territoriale. Nei prossimi mesi, con l’insediamento della presidenza Lai e le elezioni americane, la situazione potrebbe cambiare sensibilmente, così come potrebbero aumentare le tensioni nello Stretto. Allo stesso modo negli anni a venire altre ricorrenze, come il XXI Congresso del PCC e l’avvicinarsi alle prossime presidenziali del 2028, potrebbero condurre ad un cambio nella retorica politica taiwanese. È difficile prevedere ciò che possa accadere in quanto la situazione è molto delicata, rappresenta un nervo scoperto negli equilibri geopolitici mondiali e la sua rilevanza aumenta all’aumentare delle tensioni tra USA e RPC. Sarà interessante osservarne gli sviluppi alla luce del dialogo che questi due attori hanno di recente ripreso.











Fonti:

https://www.ispionline.it/it/web-stories/elezioni-a-taiwan-perche-sono-cosi-importanti

https://www.csis.org/analysis/taiwans-2024-elections-results-and-implications

https://www.cfr.org/blog/china-responds-taiwans-presidential-election-beijing-biding-its-time

https://www.micromega.net/elezioni-a-taiwan-riconfermato-il-partito-progressista-democratico/

https://www.china-files.com/taiwan-files-han-kuo-yu-del-guomindang-alla-guida-dello-yuan-legislativo/

https://www.china-files.com/taiwan-files-lai-presidente-ma-senza-maggioranza-bilancio-e-scenari/

https://www.ilpost.it/2024/01/13/elezioni-taiwan-vittoria-lai-ching-te/


Image copyright: Annabelle Chih/Getty Images

Articoli Correlati

Lo scontro Cina-Taiwan: un guaio per l'Occidente e non solo

TikTok: l'ennesimo rally 'round the flag americano

Come la Cina sta costruendo un nuovo ordine internazionale multilaterale

Come la Cina sta costruendo un nuovo ordine internazionale multilaterale

Come la Cina sta costruendo un nuovo ordine internazionale multilaterale

TikTok: l'ennesimo rally 'round the flag americano

TikTok: l'ennesimo rally 'round the flag americano
bottom of page